IL ROMANISTA (C. ZUCCHELLI) - È uno concreto, Vincenzo Montella: lo era da giocatore - entrava e segnava - lo è adesso che fa lallenatore e che, pur amando un gioco dattacco con tre punte fisse, per dare equilibrio alla squadra spesso ne sacrifica una. Per questo, lunica cosa a cui pensa da quando siede sulla panchina della Roma, è sempre la stessa: punti, punti, punti. Farne più possibile, portare la squadra a conquistare il quarto posto per giocare la Champions del prossimo anno e, magari, conquistare la decima Coppa Italia della storia romanista.
Ha parlato chiaro a tutti: dai portieri, comunicando subito chi sarebbe stato il titolare e perché, ai centrocampisti («Pizarro mi servi immediatamente») agli attaccanti. Con loro, in particolare, il dialogo è costante: con Totti basta uno sguardo, con Borriello serve qualche parola in più considerato che spesso e volentieri lattaccante è costretto a finire in panchina. Vucinic è per Montella croce e delizia: lo adora, mapretende da lui molto di più di quello messo in mostrafinoadora. Giusto con Menez il rapporto sembra essere più complicato, ma non è escluso che possa succedere quanto accaduto con Ranieri un anno fa: scontro allinizio, abbracci e massima fiducia dopo, una volta capite luno le intenzioni dellaltro.
Potrebbe essere proprio la coesione del gruppo (ma quanto ha esultato Loria al secondo gol di Totti a Udine?) una delle chiavi per scegliere lallenatore che guiderà la Roma nei prossimi anni. I nomi sono tanti e quasi tutti di livello ed esperienza internazionale e su questultimo parametro Montella sa di non poter competere. Però sa di avere dalla sua lentusiasmo, la passione e anche una professionalità non comune per un giovane allenatore di 37 anni. Un allenatore che tende sempre a restare impassibile, ma che al Friuli si è lasciato andare a tanti di quegli abbracci che pare difficile pensare che la sua avventura alla Roma sia destinata a finire tra un mese.
Il compromesso, che poi è quello paventato da lui stesso qualche giorno fa, potrebbe essere quello di restare comunque, magari come secondo di un tecnico di primissimo livello( tradotto, farebbe il vice di Guardiola o Ancelotti, non certo di Gasperini, con tutto il rispetto) per imparare i segreti del mestiere e tornare, tra un paio danni, a guidareinprimapersonalasquadra. Una squadra che è tutta dalla sua parte. Impensabile, fino a qualche settimana fa.