Tutti sotto esame

05/02/2011 alle 11:48.

IL ROMANISTA (C. FOTIA) - Non sempre le svolte epocali si annunciano con squilli di tromba e rutilanti annunci. Più spesso, i cambiamenti reali e profondi hanno bisogno di tempo per essere metabolizzati e percepiti come tali dall’opinione pubblica.

Il passaggio della Roma nelle mani degli americani – salvo clamorose e improbabili sorprese dell’ultimissima ora – appartiene a questa categoria di eventi. Per la prima volta (scusateci se non consideriamo il precedente del Vicenza come degno di nota) entrano nel campionato italiano investitori stranieri alla guida di una delle più forti e amate squadre del nostro paese che è stata capace di compiere grandi imprese con mezzi economici – sopratutto negli ultimi anni – assai limitati.



L’era Sensi, di Franco e di Rosella, si chiude consegnando al futuro presidente Mr DiBenedetto una squadra che, se non avesse subito una quantità enciclopedica di torti arbitrali, avrebbe vinto molti più titoli di quelli già in bacheca e che quest’anno è ancora in lotta su tutti e tre i fronti. Un squadra che ha contrastato, con Franco Sensi prima e con Rosella poi, il potere del nord che ha asservito a sé i gangli del sistema calcistico, rendendo opaca (per usare un eufemismo) la competizione sportiva. Non lo diciamo noi, lo dicono gli atti delle inchieste giudiziarie. La rivoluzione romana, unita all’effetto del fair play imposto dalle nuove regole Uefa, può spazzare via tutto questo, con un beneficio che può trasmettersi a tutto il mondo del calcio italiano. Può finire una vecchia mentalità provinciale, specchio di un paese dove non contano i meriti e risultati ma le amicizie, i giochi di potere, le cricche.

Mr DiBenedetto non è Paperon De Paperoni, ma ha dimostrato sul campo una grande capacità di gestione di un team sportivo, portando i Red Sox, la squadra di baseball di Boston a vincere il campionato americano dopo quasi un secolo di astinenza. Se hanno scelto la Roma, è perché pensano di potersi

ripetere. Il loro obiettivo è guadagnare con il loro investimento, ma questa è una garanzia, non un limite. Per far fruttare i soldi che metteranno nella Roma, infatti, non possono prescindere dai risultati sportivi. E’ vero che puntano molto, e in questo sono maestri, sulla commercializzazione del marchio, su uno stadio di proprietà che diventi il polmone economico della società, riconquistando la voglia dei tifosi di partecipare

direttamente all’evento sportivo, producendo nuovi ricavi e sottraendosi così alla dittatura

della televisione.

È del tutto evidente che il sostegno dei tifosi è per loro una necessità imprescindibile, anche dal punto di vista del business. Il tifoso non si indigna se i proprietari fanno profitti, ma vuole che questi vengano da una squadra che sa accendere i loro cuori, la passione, e gli americani lo sanno bene, è anche una risorsa economica. La passione giallorosa, poi, è senza tempo e non pone condizioni: chi tifa Roma lo fa, come dire, a prescindere. Tuttavia, se vuoi che questa forza che viene dal popolo diventi anche un volano per un business, devi metterci i risultati. Più vinco, più spendo: il tifoso pensa così. Per questo, non per particolare acume, crediamo che i nuovi proprietari della Roma sappiano che devono investire nella squadra. Non servono cifre astronomiche: tenendo i campioni che la Roma ha già, bastano tre o quattro innesti di qualità assoluta, per fare una Roma più grande di quel che è già. Parafrasando quel che un grande sindaco come Luigi Petroselli diceva della à, la Roma americana non potrà che essere una squadra moderna dal cuore antico. Moderna nel modello di business, fondato anzitutto nella capacità di valorizzarsi nel mercato globale, antica nel suo imprescindibile rapporto con una à che è essa stessa un simbolo mondiale, nella relazione con un popolo che l’ama al di là di ogni ragionevole limite. Si parla tanto, com’è ovvio, anche dell’assetto

dirigenziale e dell’allenatore. Voci ce ne sono tante, ma è del tutto evidente che la gran parte delle scelte sarà condizionata dall’esito di una stagione ancora del tutto aperta. In questo senso, sono tutti sotto esame: staff, mister, giocatori. Nessuno può sedersi sugli allori o sui meriti acquisti (e sono tanti). Tutti possono conquistare un posto al sole con la nuova proprietà se quest’anno sapranno essere protagonisti di un’impresa che sarebbe anche il giusto tributo a una presidenza, quella di Rosella Sensi, che merita di essere salutata con uno o più trofei. La sfida con l’Inter di domenica sera, poi quella casalinga con il e infine lo Shakter per i quarti di
. Il futuro della Nuova Roma comincia qui e ora.