Tu vuò fa' l'americano?

24/01/2011 alle 14:04.

IL ROMANISTA (C. FOTIA) - Oggi a New York gli inviati di Unicredit incontrano gli emissari dei misteriosi americani che hanno fatto un’offerta per acquistare la Roma. Con ogni probabilità sarà fumata nera. Lo scriviamo sperando ardentemente di essere smentiti, ma l’unica possibilità che l’esito possa essere diverso è che gli americani rilancino con un’offerta molto superiore a quella fatta finora.



Ieri l’ad di Unicredit, Federico Ghizzoni, ha dichiarato che la banca sta lavorando “molto duramente” per la Roma. In effetti, non intendiamo assolutamente mettere in discussione l’impegno dei vertici bancari e la trasparenza delle procedure. L’obiezione che si può fare, semmai, è che probabilmente, nel momento in cui la Sensi ha dovuto cedere la società, negli ambienti di Unicredit si pensava a una trattativa più semplice, che si potesse chiudere in tempi rapidi.  A quanto risulta – l’ha sostenuto ieri Mario Corsi conduttore radiofonico solitamente bene informato sulle vicende della Roma - a frenare lo slancio degli americani sarebbero state considerazioni che riguardano il sistema Italia più che il dossier Roma: una fiscalità troppo alta, la farraginosità delle procedure burocratiche, comprese quelle per arrivare al tanto agognato stadio di proprietà della squadra, il modo

non sempre trasparente (ci si passi l’eufemismo) con cui si vincono i campionati in Italia . Insomma, la Roma come affare è un bel bocconcino, è il contesto che non va.



Ripetiamo che speriamo di essere smentiti, e in tal caso saremo ben felici di salutare con squilli di tromba i nuovi proprietari a stelle e strisce.  Dunque, se le cose stanno così, rimangono in campo due sole altre ipotesi: gli Angelucci e la Cordata. Quanto ai primi, dovrebbero quasi raddoppiare l’offerta fatta, e non fare un semplice ritocco. Quanto alla seconda, la Cordata, lanciata dalle colonne de Il Romanista, il momento di farsi avanti è ora. E scusate se per spiegare faccio una piccola ma istruttiva digressione. Nei giorni scorsi Diego Della Valle, Mister Tod’s, ha deciso di investire 25 milioni di euro per il restauro del Colosseo. E’ una bella notizia, una gran bella notizia.

E’ naturale che un imprenditore come Della Valle speri di ricavare da quest’operazione prestigio e anche guadagni economici. Se li avrà saranno santi e benedetti. I nuovi mecenati pensano di certo anche al business che certe operazioni possono indurre ma, dal momento che le casse dello stato sono vuote,

sono benvenuti quegli imprenditori lungimiranti che decidono di investire per tutelare e rilanciare il patrimonio culturale e artistico di questo paese, una delle sue risorse più preziose. Ovvio che poi spetta al potere pubblico stabilire regole e sorvegliare che il business non ammazzi il bene e non dubitiamo che il Comune di Roma sia pronto, né che lo stesso Della Valle ne sia cosciente. Il suo, pare a noi, è un gesto di civismo che va sottolineato.



Ma che c’entra con la Roma? Ora ve lo spiego. Ovviamente non intendo paragonare una squadra di calcio a un bene dell’umanità come il Colosseo, ma non vi è dubbio che sia per gli straordinari risultati sportivi raggiunti in questi ultimi dieci anni, sia in termini economici (per tutte le persone cui dà lavoro), sia per i valori positivi che attraverso il calcio si possono trasmettere (come diceva ieri Prandelli sulle colonne di questo giornale), l’As Roma è un valore enorme per questa à, per le sue istituzioni, per la sua economia, per il suo popolo.




E allora, possibile che non ci siano, a Roma e in Italia, imprenditori in grado di guardare al di là del loro tornaconto immediato, dei piccoli giochi di potere, e di mettersi in gioco insieme, per fare sistema e salvaguardare un patrimonio che è di tutti? Immaginate cosa accadrebbe se la Roma finisse nelle mani sbagliate o se fosse abbandonata a se stessa. Ci vuole uno scatto d’orgoglio, per dimostrare che a Roma esiste una classe imprenditoriale capace di farsi carico di un’eredità straordinaria come quella della famiglia Sensi, ci vuole la fantasia per immaginare le forme in cui fare partecipe dell’impresa il popolo giallorosso, ci vuole il coraggio di investire su un progetto e non su un meschino tornaconto a breve.



Ci vuole anche speranza e la speranza più grande per la Roma è la Roma stessa. A Trigoria, finalmente, tutti remano nella stessa direzione: lo staff dirigenziale, i giocatori, il Mister. E l’immenso popolo giallorosso soffia come un vento potente nelle vele della squadra. Sul campo, quando giochiamo come sappiamo e come possiamo, non ce n’è per nessuno. A questi ragazzi, al Mister, dobbiamo chiedere di continuare così: è il

contributo più grande a rasserenare l’ambiente perché quando si vince tutto diventa più facile.

Dal momento che il futuro è incerto, è venuto il momento di dare, qui e ora, le certezze necessarie a compattare ancora di più la squadra e a spingerla a fare ancora meglio: Unicredit deve mettere Rosella Sensi nelle condizioni di esercitare in pieno il mandato che con ogni evidenza durerà almeno fino al termine della stagione: dia finalmente il via libera ai rinnovi di Ranieri, di Mexes, si blindino i campioni non ancora blindati come Menez e Vucinic. Ciò non è nell’interesse di qualcuno, ma di tutti. Sarebbe davvero incomprensibile, infatti, anche dal punto di vista della cessione della società, che non si tutelasse quel patrimonio che si vuol vendere. Sarebbe da pazzi buttare via una stagione che può essere storica: lo Scudetto dieci anni dopo l’ultimo, la decima Coppa Italia, almeno i quarti di (e poi chissà…), sono tutti obiettivi alla portata di questo formidabile team.




Qualcuno penserà che sono pazzo. In realtà, nella vita degli individui come delle comunità, dalla crisi più drammatiche, dai passaggi più aspri si esce solo se si è capaci di pensare sfide che appaiono inimmaginabili.  Il futuro lo possiamo afferrare oggi.