IL ROMANISTA (T. CAGNUCCI) - Non può mai essere tutta colpa di uno nemmeno se quelluno si chiama proprio Juan. Le spiegazioni semplici puzzano sempre. Per esempio uno potrebbe ricordare tutte le volte che negli ultimi anni i giocatori brasiliani ci sono costati le partite di inizio anno. Il paradigma è Emerson, che arrivò tardi ma in te
Ricordate? In principio fu il retropassaggio di Vucinic nella Supercoppa di San Siro, ieri quello di Juan a Marassi, due beffarde parentesi dentro le quali cè iscritta questa stagione e questo campionato alla rovescia (e limmagine che torna in mente è proprio quella rovesciata sbagliata di Juan contro la Sampdoria il 25 aprile). Da una parte è un deja-vu, dallaltra si è perfettamente nella contemporaneità: la Roma che si fa male è una squadra che potrebbe ancora lottare per questo campionato che gioca al ribasso. Un paradosso? No. Perché ditemi quale tifoso giallorosso ieri pomeriggio quando Denis segnava il 4-3 a Milano non sè messo a strillare come un ragazzino (Grossmuller a parte)? Ci sarà stata mezza Roma a fare così, la stessa che poi cè rimasta male al gol di Ibrahimovic (del tipo: pure nel pomeriggio poteva annà mejo). Immaginate tante case con dentro questa scena, che bel film questo: eravamo gli stessi che un paio dore prima avevano dichiarato chiuso il loro rapporto col calcio e magari anche con la Roma, ma che in quel momento già si risentivano campioni dItalia (e il provvisorio 4-3 di Milano sembrava quello di Italia- Germania tanto per giustificare i 4 di Totti con quelli di Rivera). E proprio questo il bello dellessere romanista: essere subito pronti, sempre lì a crederci, sempre convinti che prima o poi saremo premiati, estenuanti arabe fenici incapaci di lasciar perdere. Se i giocatori, i dirigenti e lallenatore della Roma avessero sempre chiara questa sensazione e la stessa anima, vinceremmo a mani basse lo scudetto. Anche questo. Sta talmente così in basso che nemmeno bisogna fare voli particolari per prenderlo. Basta non fare retropassaggi.