IL TEMPO (G. GIUBILO) - Nella sfida tra le due regine della Coppa Italia, è la Roma a guadagnare la finale, dominando a Torino una Juventus che soltanto dopo lo svantaggio ha avuto una reazione quasi esclusivamente ispirata dalla rabbia, senza mai allarmare Julio Sergio.
Un tabellone di buona qualità, finalmente, peccato che per portarlo a un degno livello sia stato necessario intraprendere un percorso tortuoso, tracciato da un Archimede Pitagorico in conflitto con il cervello. Auspicabile che queste semifinali riescano a far dimenticare mesi di disinteresse e di turnover allargati. Gli ultimi verdetti, che avevano preceduto la sfida dell'Olimpico torinese, subdolamente posticipata per fare un regalo a Mamma Rai che ne ha tanto bisogno, hanno visto il solo Milan capace, tra le favorite, di saltare l'ostacolo senza code di supplementari o peggio. Si è esaltato finalmente Pato, che dall'arrivo di Cassano potrebbe aver tratto lo stimolo a un più convinto impegno, buon contributo dai nuovi innesti, Van Bommel è una sorta di banca per la gestione della palla.
Ricorso alla Cassazione del dischetto per il Palermo e l'Inter, ne sono uscite deluse il Parma e soprattutto il Napoli, che avrebbe probabilmente meritato meno arcigna replica dalla sorte. Ha sbagliato Lavezzi, è vero, ma è anche giusto ricordare che aveva lasciato in corsa gli azzurri la paperissima di Castellazzi sul goffo tentativo di trasformazione di Zuniga, prima che Chivu mettesse tutti a tacere. E così sarà l'Inter a contendere la finale alla Roma, scontro ricco di storia, di tradizione, ma anche di polemiche infinite.