«Borriello aveva Roma nel destino»

01/10/2010 alle 11:11.

CORSPORT (V. ANCIONE) - E’ uno che la palla se la va a cercare, co sì come è andato a cercarsi un’altra vita. Lontano dalla sua città e dalla sua fa miglia, inseguendo il sogno di ogni bambi no, trasportato dai suoi piedi buoni e con vinto di poter dare a un pallone, che rotola dove gli pare, la direzione giusta. Oggi la sua strada si chiama Roma e domenica in crocia il Napoli nel San Paolo delle sue fan tasie da bambino.

Marco Borriello, calciatore bello come un cliché, uno di quelli che i capelli non si scompongono mai, nemmeno se gli passi le dita in mezzo; uno di quelli che non suda nemmeno dopo 90 minuti di corsa. Borriel lo da , anzi da San Giovanni a Teduc cio, che una volta era proprio comune a sé e poi è diventato un quartiere di . E’ facile dire degrado e malaffare, specie quando si parla del Sud. Ma per Marco c’è una che se non la vivi non la conosci. Una da piedi scalzi in mezzo alla strada a tirar pallonate tra amici. Che sem bra Rio, dove i calciatori nascono sui mar­ciapiedi e imparano a crescere guardando si le spalle con colpi di tacco che suonano come provocazioni alle regole. Questa è la sua à: « Non è una giungla ma non è nemmeno Disneyland» , ha detto. Marco è nato nell’estate dell’Italia Mondiale 1982 e gli scudetti del se li ricorda bene, quando Maradona era il re, il mito, il dio del calcio. E lui a tirar pallonate per strada, davanti alla tabaccheria del la madre, Margherita, o al l’enoteca di Aurelio e Lucia.

« E sì, Marco aveva 3 anni quando abbiamo aperto il negozio -raccontano marito e moglie- Qui tutti giocano per strada a pallone. Però non credo che Marco pen sasse di diventare un calcia tore.

Una volta in un villaggio dove andava no d’estate fecero un torneo e l’animatore disse “segnatevi il nome di questo ragazzo, farà strada”. Ha visto giusto. Aveva sempre le ginocchia sbucciate e con gli amici sca valcava per entrare nel castello del princi pe Sannicandro e lì sul prato giocavano a pallone. Non scavalca più nessuno, ormai».

Marco era piccolo e magrissimo e di di ventarequanto è diventato non ne voleva sapere. Piccolo e coraggioso, come può es sere coraggioso un bambino distolto dalla vita facile e assistita perché troppo presto aveva 11 anni - ha dovuto fare a meno di suo padre. Orfano, ma con una madre che ha fatto il doppio lavoro con rigidità e dol cezza, come si conviene a una donna che da sola deve crescere tre ragaz zi.

«La mamma è una donna attenta e forte -racconta Lu cia -Lo mandò a lavorare da noi all’enoteca, non perché avessero bisogno di soldi, ma perché Marco capisse il valore del denaro, l’impor tanza del lavoro. Portava l’acqua ai nostri clienti».

Via dalla à, dal suo mondo a 14 anni. Per inseguire un sogno? Banale. La verità è che il sogno lo ha lasciato a casa e si chia ma . Perché qualche provino lo ha pure fatto, ma non è mai successo niente.

«Mi sono offerto al due volte»,am mise una volta. Offerto come un dono. Non compreso, giurano gli amici dell’enoteca«perché il i calciatori come lui se lifa sfuggire. Ma ora Marco è della Roma e si sente romano. E poi era nel suo destino, perché la prima scuola calcio che ha fe quentato era associata alla Roma... Ogni volta che gioca contro il prova a fa re gol, eccome. Però non ci riesce. Domeni ca noi tifiamo e speriamo che Mar co non si faccia male»,urla lontano dalla cornetta Aurelio. Gli vogliono bene, lì a San Giovanni a Teduccio, perché Marco non è mai tornato sui suoi marciapiedi come una celebrità e quando può passa a salutare tut ti, a bere un bicchiere all’enoteca e a rega lare maglie e firme. Questo è per gli amici del quartiere Marco Borriello, uno che non si sente bello e che manda scarpini da cal cio a chi non può comprarseli.«E’ un buon cuore».

Lo hanno paragonato a Van Basten; gli hanno detto che ricorda Gigi Riva («perché tutti e due il lo usano solo per scen dere dalla macchina»,,ha detto Boninse gna); lo hanno soprannominato El Nino, co me l’uragano, per il fisico e per il carattere, uno che si butta, che sa guardare avanti vol tandosi ogni tanto indietro per mantenere una distanza comoda tra la realtà e il sogno.