Clicky

Riise: "Con l'Inter voglio esserci"

20/09/2010 alle 10:58.

IL ROMANISTA (C. ZUCCHELLI) - Il Vichingo è tornato. John Arne Riise si riprende la Roma. Ieri all’Olimpico, oggi a Trigoria, dopo aver sostenuto ancora altri esami. Perché nessuno vuole correre rischi: né il giocatore stesso, né ovviamente la società. Arriva allo stadio quando manca ancora un’ora all’inizio della partita: jeans, maglietta rosa, scarpe da ginnastica, un po’ più magro rispetto a 20 giorni fa, ma con la solita tempra, come ha modo di vedere anche il presidente Rosella Sensi, la prima a salutare Riise all’Olimpico. Lo spavento, comunque, c’è stato ed è stato anche tanto, come conferma a chi lo ferma per una foto o un autografo che lui concede sorridendo sempre a tutti.

Quando entra Ranieri – e l’Olimpico gli riserva un’ovazione – anche lui applaude. Si alza, guarda chi entra in campo, si vede lontano un miglio che vorrebbe esserci anche lui. Parla con l’amico col codino che gli siede accanto, gli indica la . Arriva Okaka, anche con lui baci e abbracci. Poi inizia la partita e il volto di John si fa tirato. Anche se è stato in Norvegia, ha parlato con i compagni, si è informato e sa perfettamente quanto la partita conti. Otto minuti, Borriello gol, Riise esulta come tutto lo stadio. E nei successivi sessanta secondi di applausi batte, di nuovo, le mani. Finisce il primo tempo, un rapido saluto alla compagna di Vucinic, uno sguardo al pancione sempre più grande e poi via, per altre foto e autografi. Nel secondo tempo, complice anche il raddoppio della Roma, Riise si rilassa. E si gode la partita come un normale spettatore. Quando Menez esce dal campo, come tutto lo stadio, applaude. E sorride. Fino al gol di Di Vaio, perché poi il volto del norvegese è di nuovo tirato. Pagherebbe di tasca sua per dare una mano ai compagni e portare a casa la prima vittoria: si alza, si risiede, spiega all’amico cosa non va e quando Mexes in tuffo butta la palla in calcio d’angolo si mette le mani in testa e tira un sospiro di sollievo. Di Vaio pareggia al novantesimo, Riise diventa una maschera di ghiacchio. Guarda l’orologio al polso sinistro, poi - per conferma - controlla anche quello sul tabellone e sbuffa, manca troppo poco. Di tempo per recuperare, ormai, non ce n’è più. Per questo il sorriso con cui era arrivato all’Olimpico è ormai un lontano ricordo.