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Una sola via di salvezza: investire sui giovani

20/08/2010 alle 13:40.

CORSPORT (C.RANIERI) - Dobbiamo pensare ai giovani, alle loro necessi tà e alla loro crescita. Non ci sono altri modi per ripartire, i giovani rappresentano il futuro in ogni società civile, anche in quella del calcio. E’ nei settori giovanili che il calcio deve investire maggiori risorse economiche: le squadre devono essere affidate a istruttori professionisti e invece, in molti casi, i loro stipendi sono ri dottissimi, per cui hanno bisogno di un secondo lavoro e non possono de dicare al calcio l’attenzione che i gio vani richiedono.




Mi piace l’idea di abolire la zona prima di una certa età: è eccessiva la ricerca della linea, della diagonale, del movimento per mettere in fuori gioco l’avversario a scapito della cu ra della tecnica. Perdiamo la nostra specificità. La zona ti fa giocare sen za palla, i ragazzi invece hanno biso gno della palla al piede, devono cono scerla, trattarla con piacere, con di vertimento. Con la zona, si deve im parare a mettersi fra le linee per ri cevere palla senza l’uomo addosso; invece senza la zona, chi riceve palla deve essere in grado di dribblare un avversario, con una finta, una contro finta, un colpo di tacco o un pallonet to per trovare spazio. E’ una differen za sostanziale.



Il calcio italiano sta vivendo un mo mento particolare che tutti noi, tecni ci, dirigenti e mass- media, dovrem mo trasformare in un’occasione per una riflessione profonda, per miglio rare il nostro prodotto. Ci vorrebbe una grande campagna promozionale a favore dei giovani. Per esempio, l’idea di una squadra B secondo me è da realizzare in tempi brevi. Il salto dalla Primavera alla prima squadra è troppo grosso. I giovani crescono e maturano solo se si confrontano con giocatori più anziani, già fatti, e non con i loro coetanei. In Spagna e in In ghilterra hanno la seconda squadra, noi invece siamo costretti a mandar li a giocare in altre società, con altri allenatori, spesso vanno in prestito e per questo non trovano lo spazio ne cessario. Si disperde molto del nostro patrimonio. Quando ero al Chelsea, nella squadra B ho visto Terry e Gud johnsen e li ho portati in prima squa dra. Avevano già debuttato in Pre mier, ma nella formazione delle ri serve hanno avuto modo di farsi ve dere. E di migliorare.



E’ questo il momento in cui dare vita a questi cambiamenti, ma pur troppo noi in Italia a parole siamo tutti pronti a lavorare e poi all’atto pratico ci fermiamo alla prima diffi coltà. E’ un fatto di mentalità: se i presidenti si mettessero d’accordo, potrebbero acquistare uno straniero in meno e portare avanti un ragazzo dal vivaio in più. Invece, così come adesso, se in campo va un giovane della Primavera e la squadra perde la colpa è dell’allenatore che l’ha fatto giocare.



L’apertura agli oriundi è giusta, ma devono aver vissuto da noi, come hanno fatto in Germania, dove in na zionale sono arrivati ragazzi che han no mischiato la mentalità del Paese dove sono cresciuti con la mentalità della propria famiglia. Sono sicura mente più ricchi. Come in ogni cosa, dovremmo trovare la misura giusta. Per esempio, in funzione della Nazio nale non sarebbe sbagliato fissare un tetto agli stranieri in una squadra, così potremmo ricreare un movimen to italiano. Condivido l’idea di questo giornale di assegnare un premio in denaro alle società che mandano un giocatore in Nazionale: tutto quello che spinge verso la maturazione dei giovani mi trova d’accordo.