GASPORT (R. PELUCCHI) - Ci sono calciatori che non finiscono mai. Figurine eterne da tenere appiccicate su un album che non può essere abbandonato in fondo a un cassetto. Francesco Antonioli, portiere che a Cesena sta mettendo gli ultimi mattoncini di una bella carriera, il 14 settembre compirà 41 anni, ma già adesso è il giocatore «meno giovane» della Serie A.
Nella vita i nonni sono persone che vorresti non ti lasciassero mai; nel calcio sono i giocatori che vorresti non smettessero mai. Antonioli è uno di questi: vecchio per lanagrafe calcistica, ancora giovanissimo di spirito.
Antonioli, che effetto fa essere il «nonno» della Serie A?
«Ho 41 anni, ma non me li sento addosso. Il lavoro e lo stile di vita stanno dando buoni frutti».
Sarà la sua ultima stagione?
«Non faccio calcoli. Poi non so se resterò nel calcio, è un ambiente particolare. Ma lidea di insegnare il mestiere cè».
Non si è stancato dei ritiri? «Credo sia il 25˚ estivo e mi è piaciuto come il primo. Stesso entusiasmo, stesso divertimento».
A Cesena è arrivato un altro portiere: Cavalieri. Il suo tecnico Ficcadenti ha detto: «Partono alla pari». E infastidito?
(sorriso) «Ogni estate sono io, per primo, a mettermi in discussione. Ho sempre dovuto dimostrare di servire a qualcosa. Non è questo il problema».
Quale è, allora, il problema?
«Non ho più ventanni, tutto quello che ho ottenuto lho meritato, ho già dimostrato quanto valgo. Due cose chiedo, però: chiarezza e correttezza. Poi ben venga il dualismo, non mi spaventa».
Il Cesena torna in A e la prima avversaria è la «sua» Roma. Emozioni?
«Piacere, soprattutto. Di tornare in quello stadio, di ritrovare la gente che mi ha apprezzato quando sono andato via».
Soltanto quando è andato via?
«Ma sì, Roma è una città che brucia tutto velocemente, la pressione è tanta e al primo errore sei messo alla gogna. Poi, passa il tempo, passano i giocatori, e cominciano i confronti con il passato che, in qualche modo, rimettono le cose a posto. E successo ad altri dopo di me. In tempi recenti penso a Doni, a Julio Sergio...».
Le ha pesato non essere stato molto amato?
«Pesato no, sono arrivato a Roma al momento giusto e ho dato sempre il massimo. Là sono cresciuto come atleta e come uomo. Ho vinto uno scudetto da protagonista. Ho anche commesso degli errori, certo, come tutti, ma la fiducia di allenatore e compagni non è mai mancata».
E rimasto in contatto con qualche ex compagno giallorosso?
«No, ma rivedrò con piacere Totti, De Rossi. E anche qualche dirigente».
Pensa che la società giallorossa abbia qualcosa da farsi perdonare?
«E storia chiusa, ormai. Perché riaprirla?».
Ha visto la Roma contro lInter in Supercoppa?
«Qualcosa nel finale. La squadra non è cambiata molto, può essere ancora la prima avversaria dellInter, in Italia».
Che partenza per il Cesena: Roma allesordio, poi il Milan.
«Potrebbe anche essere meglio così. Nei test contro squadre di Serie A non siamo andati male, io sono ottimista».
Che consigli dà ai compagni, soprattutto ai meno esperti?
«Dobbiamo essere spregiudicati, non farci condizionare da fattori esterni».
Sulla bilancia dei sentimenti Roma e Milan hanno lo stesso peso?
«A Milano ero più giovane e allenarsi con campioni come Baresi, Gullit, Van Basten è stato fondamentale. Purtroppo, ho dovuto fare i conti con due infortuni gravi e ho giocato poco».
Nella borsa dei rimpianti cè il mancato debutto in azzurro?
«Il fatto di non essere un esperto in pubbliche relazioni mi ha impedito di entrare in certi giri. Ma non posso violentarmi. Ho avuto la fortuna di partecipare allEuropeo 2000, evidentemente Zoff ha apprezzato Antonioli comera. E comè».