Francesco Totti: «Sono stato provocato in modo inaccettabile»

06/05/2010 alle 12:17.

IL ROMANISTA (M.IZZI / S.ROMITA) - Non ci siamo. La storia completa di Francesco attenderà nuove date. Altri momenti. Perchè il calcio è così. Perchè la sua vita di uomo e mito della Roma attende la luce definitiva. Ieri si è spenta al 43’ minuto del secondo tempo, con un calcio a Balotelli dopo essere stato provocato volgarmente. La luce si è spenta dopo due rigori non dati alla Roma e 45’ passati in panchina prima di entrare.

Il numero 6 non lo aveva mai toccato nessuno, quello ad andarci più vicino era stato Bruno Conti che nel 1991 Ottavio Bianchi aveva privato della Coppa Italia non facendogli disputare neanche un minuto di gioco. Il capitano era sempre stato amico dei calci di rigore. In maglia azzurra era stato proprio un rigore, quello del “cucchiaio” all’Olanda, a farlo conoscere in tutto il mondo... e durante i mondiali di Germania il calcio di rigore all’Australia, segnato praticamente con una gamba sola, aveva regalato gioia a tutta l’Italia. Sempre i rigori, anche se non aveva do- vuto battere, gli avevano regalato a Berlino il titolo iridato. Ma le emozioni che dà la maglia della Roma non sono quelle che regala la casacca azzurra e la tensione, compressa, era tremenda. Fermiamo il nastro della pellicola, fermiamo quella marcia a San Siro verso gli 11 metri e ritorniamo alla prima vittoria di nella Roma, lo scudetto del 17 giugno 2001. Quel trionfo spetta al bambino , al tifoso della , al raccattapalle della finale di Coppa UEFA del 1991, ma è un momento ancora più bello in quanto il capitano della Roma sente di poterlo dividere con tutta una à. Per questo, dopo aver battuto l’amico Buffon corre ad abbracciare la Curva e rivolgendosi alla tribuna urla per due volte alla sua famiglia: «E’ vostro! È vostro!». E’ privilegio raro per un romano vincere nella propria à, un privilegio che a , fuori dal raccordo anulare, non hanno mai perdonato. Per anni si sono sgolati a ricordargli che non muovendosi dalla capitale non avrebbe mai vinto nulla e invece lui ha vinto tanto. E tanto ancora c’è da vincere. La vittoria che porta il gladiatore sul suo braccio, perché anche la pelle oltre che l’anima ne conservino per sempre traccia. 

Il secondo sigillo arriva il 19 agosto 2001. La finale di Supercoppa Italiana è una passerella per una grande squadra, e , ancora una volta, mette la sua firma. In porta c’è Tagliatatela che ai nipoti potrà raccontare di aver visto gli allenamenti di Diego Armando Maradona e di aver subito il gol del 3-0 in quella partita, da un pallonetto di . Per ricominciare “da tre” devono passare gli anni. La Roma ha dato sin troppo fastidio ai padroni del vapore e così la prima occasione realizzata si presenta solo nel 2007. Nella gara di andata della finale di Coppa Italia, giocata all’ Olimpico il 7 maggio di quell’anno, non lascia neanche il tempo ai bruscolinari di raggiungere le proprie postazioni. Sono ancora tra i sedili a vendere le ultime bibite (al carato s’intende), quando dopo 53 secondi, arpiona una palla in area di rigore e sempre con il la gira in porta. Ero appena arrivato al mio seggiolino, la Coppa Italia, era di fatto già in cassaforte anche se, a norma di regolamento, il capitano la ritirerà solo a San Siro, mentre l’inno della Roma inondava Milano.  si leva anche un’altra piccola soddisfazione. E’ il primo romanista della storia (assieme al massaggiatore Giorgio Rossi), ad aver vinto Scudetto, Supercoppa e Coppa Italia. Per fare il poker occorre ad un certo punto saper anche cambiare le carte in tavola e il 19 agosto 2007, nella finale di Supercoppa Italiana il colpo di scena arriva quando Rosetti, a 12’ dal termine decreta il calcio di rigore che può consegnare il trofeo ai lupi.

ha uno strano presentimento, in tutti i successi della sua Roma c’è sempre stata la sua pennellata, il suo timbro. Questa volta dice a : “Tocca a te”. Finisce che l’Inter l’inno non lo rimette, ma la coppa è ancora della Roma. La quinta vittoria è una sinfonia, per forza, perché per un romanista il numero 5 evoca sempre un direttore d’orchestra, qualcuno che cammina a testa alta, che vede e provvede. E’ il 24 maggio 2008, ha guidato la marcia giallorossa sino alla semifinale contro il Catania, poi un maledetto infortunio lo ha tolto dal campo. L’Inter è schiantata lo stesso e al termine della gara la squadra e capitan , decidono che ad alzare la Coppa, ancora una volta, deve essere lui, il capitano. E’ questa la forza di , capace di soffrire e gioire assieme ai tifosi della Roma. Ha gioito con loro anche quando l’operazione dopo l’ infortunio con l’Empoli, il 19 febbraio 2006 sembrava avergli levato la possibilità di disputare i mondiali. Dopo il derby vinto buttò via le stampelle e gli portarono un bandierone enorme da sventolare sotto la Sud ... La prese quella bandiera e la tenne alta, come ha sempre fatto, sorridendo di se stesso: «Aho, qui gira gira me spacco tutto .... Forza Roma!!». Non c’è mai stato uno come , è certo come “il sorgere del sole” avrebbe detto Ethan Edwards (John Wayne) di “Sentieri Selvaggi”. Torniamo allora a quegli 11 metri, a quella maledetta traversa che ancora trema a San Siro. Aveva fatto di tutto Francesco per essere in campo quel giorno, per onorare il suo presidente (qualcuno, è anche arrivato a rimproverarglielo per l’incapacità di saper tutelare se stesso di fronte al bene della Roma che per lui viene sempre per primo). Anche oggi, tuttavia, quegli 11 metri non sono stati colmati. E diciamo che un po’ di responsabilità c’è. In chi non l’ha messo in campo dal primo minuto. E in chi l’ha provocato prima di ricevere un calcione da dietro. E, chiaramente, anche per sua stessa responsabilità. Ma noi l’amiamo sempre e comunque. E gli dedichiamo per questo la pagina.