IL ROMANISTA (L.PELOSI) - Che profumo Bologna di sera. Profumo di Daniele De Rossi, che torna a prendersi la Roma stasera, proprio a Bologna. Scontata la squalifica, cioè lunico motivo che possa costringere un iron-man come lui a saltare una partita, rieccolo accanto al suo compagno di reparto ideale
Da tempo, infatti, Daniele va in campo soffrendo a causa di un versamento provocato da una serie di colpi rimediati in partita che gli causano un dolore che non può cacciar via. Niente antidolorifici, è lordine del medico dopo la colica renale che lha costretto a fermarsi in autunno. Ma lo stop forzato ha significato anche tanti colpi in meno e soprattutto il tempo di far riassorbire quasi definitivamente il versamento. E allora stasera si riparte, con un profumo di Bologna cui non è neanche tanto abituato. Al DallAra, dove peraltro la Serie A non è proprio unabitudine ultimamente, Daniele ha giocato una volta sola, lo scorso anno, nella partita in cui Cicinho pareggiò il gol di Totti. Bologna nel 2003-2004 fu la prima di una lunga serie di assenze dovute alla pubalgia, ma parliamo dellepoca in cui ancora esisteva qualcosa che non fossero i cartellini in grado di fermare Daniele De Rossi.
Oggi, invece, è il giorno del rientro per provare a rincorrere un qualcosa sfiorato due anni fa a Catania.
Qualcosa che non sarebbe giusto mancasse nella carriera di un giocatore del genere, che ogni estate e ogni
gennaio preferisce la Roma a qualsiasi altra cosa. Sarà capitano anche stasera, prima di restituire la
fascia a Totti forse già da sabato. Poi tornerà Capitan Futuro, cosa che diventò per la prima volta proprio a Bologna, in quella maledetta sera di settembre 2004 in cui la Roma perse 3-1 pur stando in 11 contro 9, trovando in Voeller uno dei tanti capri espiatori di quella stagione. Aveva solo 21 anni, era solo linizio della
stagione, ma lui, che non aveva avuto il coraggio di confessare che il tedesco fosse il suo idolo da bambino
per non sembrare ruffiano e che vide quella partita dalla panchina, aveva già capito tutto. «Il problema
non era Voeller, ma lo spogliatoio - disse il giorno dopo - Il tedesco è lunico senza colpe. Siamo tutti bravi
a baciare la maglia e a rispondere presente quando ci viene chiesto di scendere in campo, però bisogna
correre. Qualcuno lo fa, qualcun altro no, perché crede che basti solo la classe per fare bene». Sì, aveva solo
21 anni e già le cantava a compagni più grandi e più egoisti di lui. Sentiva puzza di bruciato in quella Roma.