IL ROMANISTA (S. PETRUCCI) - Li abbiamo sprandellati. Con il cuore, con la rabbia, con il cinismo, con la fortuna, con il sacrificio di tutti, con il vento nelle suole di Mirko Vucinic e nei guanti di Giulietto Sergio, come felicemente ipotizzato ieri mattina da
Esito pazzesco, sotto gli occhi di quasi tremila testimoni oculari innamorati cotti, per la sfida più complicata degli ultimi mesi. Impressionante sin dalla prima giocata la Fiorentina, costantemente predisposta al pressing e vivacissima in più di un interprete (Vargas, Montolivo, Jovetic); meno brillante la Roma, raggrumata a protezione di Julio Sergio, formidabile nellabbassare la saracinesca in faccia ai viola in almeno quattro occasioni, e presto troppo isolata in Totti e Vucinic, lasciati spesso al proprio destino e comunque mai abbastanza incisivi. Marcatissimo quanto macchinoso il capitano (non a caso escluso da Ranieri a favore di Baptista dopo il riposo), a tratti eccessivamente bloccato sullesterno il montenegrino.
Nella sofferenza collettiva di quel primo tempo che forse ci ha colti persino di sorpresa ci aspettavamo una
buona Fiorentina, francamente non quella macina di gioco sta scritto forse il finale della nostra favola. I viola
ad attaccare a testa bassa, la Roma a reggere a difesa del fortino con il suo fenomenale insuperabile portiere
saltimbanco, i sontuosi Juan e Mexes, il tostissimo Riise, il sempre monumentale Pizarro, il guerriero De Rossi tornato per una notte a fare barriera nel vivo della trincea, lincessabile magari caotico movimento di Motta, di Taddei, di Perrotta.
Poco si riusciva a produrre, è vero, nelle rare ripartenze sfuggite al micidiale pressing degli uomini di Prandelli: a Vucinic mancava lultima cosa, a Totti la sostanza di una condizione ancora lontana. Però la Roma dava sempre la sensazione di esserci. Magari stanca diciannove partite senza macchia pesano ormai nelle gambe e nella testa, e giocare di giovedì sera è sempre un guaio ma naturalmente predisposta al sacrificio, al mutuo soccorso, alla voglia di essere ancora una volta protagonista.
Non a caso proprio uno dei nostri campioni spesso più indecifrabili, Mirko, avrebbe deciso il match con unentrata da centravanti vero. In avvio di ripresa, era stato ugualmente lui a spingerci a sacramentare in modo irriferibile, gettando alle ortiche il comodo vantaggio in cima al perfetto uno-due confezionato da Baptista e Riise: ridicolo il suo sinistro molle e fuori quadro, a bruciare un pallone che chiedeva solo di essere spinto in rete. Forse la svolta decisiva è venuta proprio in quei primi minuti della ripresa, con Totti già sotto la doccia
(malinconico ma giusto gestirlo così, in attesa che ritrovi la forma): Vucinic che falliva limpossibile con la porta di Frey spalancata, Gilardino che di lì a pochissimo pensava bene di imitarlo, scaricando sullo sveglissimo
Giulietto il facile destro-gol innescato da uno splendido assist dellaltro montenegrino della partita, Jovetic.
Il bunker romanista, appena sbrecciato nella circostanza, non avrebbe più lasciato un varco, a dispetto dellincessante forcing dei toscani; Vucinic, pochi secondi dopo lingresso in campo del portafortuna-Menez, sarebbe tornato vincente al momento giusto, bucando Frey con un destro finalmente rabbioso. Sognare ora è un diritto, illudersi no. La Roma ha scavalcato il Milan nella scia dellInter, sempre a più otto (col match con il Parma da recuperare) e saggiamente considerata inarrivabile da Ranieri, che conosce come nessuno le reali risorse dei suoi, prima ancora che quelle degli avversari. I nostri, in attesa del pieno recupero di Totti e Toni, vincono soprattutto con il coraggio e con la forza del gruppo, la banda Mourinho con una ricchezza, e individualità, in qualche caso uniche al mondo. Le distanze restano probabilmente
enormi, persino al di là di quelle dettate dalla classifica. Ma abbandonarsi al sogno è fantastico. A patto di
non esagerare.