Il precedente: Conti fa il brasiliano: il suo magico sinistro abbatte il Genoa

17/01/2010 alle 11:13.

CORSPORT - La Roma, stavolta decorata con un fiammante scudetto tricolore, fissato con doppio filo d’oro e campeggiante in orgogliosa, trionfale mostra sulle maglie, replicava solleci ta, fin dall’inizio immediato di stagione, l’ormai tradizionale rito del simbolico lancio del guanto della sfida per il primato assoluto agli acerrimi, indomi ti rivali juventini. La coppia di magnifiche seppure algide regine si era già dal primo incedere attestata nel cuore degli aristocratici quartieri da tempo di sovrana, esclusiva, altezzosa competenza sulla vetta.
L’incontro casalingo programmato con il coriaceo ma nel complesso modesto Genoa di Simoni poteva sulla carta equivalere, per la straordinaria, in­saziabile Lupa di tempra continentale del momento, a poco più che un..



L’incontro casalingo programmato con il coriaceo ma nel complesso modesto di Simoni poteva sulla carta equivalere, per la straordinaria, in­saziabile Lupa di tempra continentale del momento, a poco più che un

tonificante, sbrigativo, gustoso test di proficuo allena mento di routine. Liedholm, maestro insigne e concreto di zona e ragnatele nonché - si narra - attratto dallo studio della cabala e sensibile ai presunti influssi

esercitati dagli astri della volta celeste sui campioni, rincuorato dal divario assai ampio intercorrente fra le squadre, da una trentennale tradizione all’Olimpico a esclusive, sgargianti tinte giallorosse e da una

imbattibilità personale vantata nei confronti del collega avversario di panchina, si abbandonò forse, tecnicamente, a qualche inusitata sbavatura: culto re antesignano e convinto del “ ”, spedì in tribuna, nello stupore attonito di stampo generale, il bomber Pruzzo e l’ar­rembante Nela, virgulti sbocciati e arruolati peraltro, in precedenza, proprio fra le gloriose, caparbie fila del Grifone.




Mister Nils non si avvide piuttosto, nella circostanza, di una eclissi, di tenore quanto meno parziale e perniciosa, incombente di fatto sul Brasile, oscurato nel patrimonio prezioso della sua inventiva: Falcao e Cerezo, stranamente svagati ed estranei al corpo vivo e pulsante del contesto, risucchiarono gli in creduli compagni di ven tura, per l’intera durata di una noiosa, mediocre pri ma fase, nel cono d’ombra inquietante di una certo imprevista latitanza.



Nella ripresa la Roma si svegliava, sospinta in auge dall’estro, intenso, luminoso e zampillante, del folletto “carioca” di Nettu no: Bruno Conti, già stra colmo della massima gloria su scala planetaria, confezionava da

fuori, con il leggendario, magico si nistro, un rasoterra impa rabile per l’ottimo Martina. Sentimentale, esultava ovviamente per lo splendido gol della vittoria, frena to forse insieme un tantino dal ricordo di trascorsi

felici in rossoblù e di una lontana ma appassionata militanza.