Una Roma viva dopo la cinghiata

04/12/2009 alle 09:41.

IL ROMANISTA (G. DOTTO) . E' la Roma di Ranieri. Soffre ma avanza. Si smonta e rimonta. La solita solfa. Abbiamo bisogno di un cinghiata in faccia per sentirci vivi. Stavolta arriva dopo venti minuti di ben giocata e molto ordinata frenesia svizzera.

bisogno di un cinghiata in faccia per sentirci vivi. Stavolta arriva dopo venti minuti di ben giocata e molto ordinata frenesia svizzera.

I multietnici compaesani di Roger Federer vanno che è una bellezza palla a terra. Il giallo li moltiplica. Sul loro gol, Bertagnoli se ne sta lì tremebondo sulla linea di porta,

quanto basta per confermare un concetto che non ha bisogno di conferme: un Doni appena decente ne vale due di Bertagnoli. Julio Sergio è una molla tra i pali, pure baciato dalle stelle, ma non si schioda nemmeno con una

pistola puntata alla tempia. Altra non necessaria conferma: Juan al centro è lusso rispetto a Burdisso. Diciamolo. Aspettiamo pazienti che Sor Claudio smaltisca la sua.



E’ fissa per i giocatori concreti e brutti per scoprire il piacere di quelli concreti e belli. Insomma, la cinghiata, il dolore, la rabbia. La giostra è questa, la Roma è viva. Ranieri è diventato un sacerdote del “qui e ora”. Chi se ne frega della Lazio. In campo i titolari più Cicinho. E magari un po’ di merito ce l’ha pure quel giornale che Rosella Sensi cestina subito la mattina per non mandarsi di traverso il cappuccino.

C’è anche la maschera e dentro la maschera c’è . Più snello e non per questo meno feroce. Fosse per me, l’assist perverso che serve a Vucinic per il 2 a 1 vale da sé il Pallone D’Oro 2010. Bentornato Daniele (e per scongiurare altre coliche bastarde fatti un bicchiere d’acqua tiepida ogni mattina, a digiuno, mentre sfogli “Il Romanista”). Perrotta è tornato quello di Spalletti. Come posizione in campo e come energie in corpo. Un’ossessione molesta. Che la Roma sia viva e cazzuta, la prova è Menez. Jeremy mena come un fabbro. Mai visto così. E siccome non ha metodo quando difende, rischia di smandrapparne due o tre di svizzerotti. Sull’altra sponda, Mirko è la solita imprecabile delizia. Sue le cose più belle e anche le più stupide. Ma ce lo teniamo, eccome, così.

Tutto questo sarebbe bello ma futile, senza il cannone montato sul del capitano. Anche se quasi ci va il ciuccio di traverso con quel rigore un po’ telefonato. Ranieri li lascia in campo fino alla fine, e , come dire “ora il derby è cosa vostra”.



Pure il finale è vecchia storia. Soffriamo, anche troppo (grazie Sorella Traversa). Usando un delicato eufemismo, diremo di una difesa che non dà mai l’idea della solidità. Bene o male, noi dentro, la Lazio fuori. Anche questo è derby.