Toni, la Roma ritrova la torre

30/12/2009 alle 10:16.

CORSPORT (A. POLVEROSI) - Ha 32 anni, per Van Gaal è già in pa­rabola discendente, eppure nelle due precedenti stagioni col Bayern ave­va segnato 38 gol in 62 partite. Quello che potrà dare Luca Toni alla Roma lo decideranno il suo fisico e la sua for­ma. Se non avrà altri in­fortuni e se riprenderà una buona condizione, da­rà molto, moltissimo. Per­ché giocatore e squadra sembrano fatti l’uno per l’altra. La squadra ha bi­sogno di un centravanti come Toni e un centra­vanti come Toni ha biso­gno di una squadra che giochi per lui, più precisamente che lo tenga al centro della sua dinamica di gioco...



Toni è un giocatore formidabile, è il centravanti più completo del calcio eu­ropeo. Più completo non vuol dire più bravo, perché Torres e Benzema sono più forti di lui. Ma Luca, se ci viene passato un paragone gastronomico un pochino ardito, è come il maiale a tavo- la: non si butta via niente.



Cominciamo dai piedi. Il come il sinistro. Così, quando riceve palla con le spalle rivolte alla porta, il difen­sore che lo marca, anche il più attento, deve fare testa o croce per indovinare da quale parte si gira: è possibile anti­ciparlo, ma a rischio di una terribile fi­guraccia e di una proba­bile occasione da gol.



Passiamo al colpo di te­sta. La statura lo aiuta, ma tanti altri attaccanti di quell’altezza non sono do­tati dello stesso colpo di testa. Un esempio è Adriano. Toni stacca be­ne, ma ciò che lo caratte­rizza è la scelta del tempo: difficile che la sbagli.



Poi il tronco. Una specie di muro su cui vanno a sbattere anche i difensori più robusti, più tosti e più cattivi. Reg­ge bene l’urto. Anzi, a volte dà l’impres­sione di andare a cercarlo, per prende­re la punizione o per mettere fuori tem­po l’avversario.

 

Passiamo agli arti superiori, le brac­cia, o meglio, i gomiti. Quando li allar­ga, diventa un problema portargli via la palla. Ha un modo potente ed effica­cissimo di proteggere il pallone: allar­ga le braccia, appuntisce i gomiti, pie­ga un po’ la schiena e così stacca di un bel po’ il difensore dalla palla.



Ora le gambe. Chi deve occuparsi dell’ultimo passaggio () ha un ampio mar­gine di spazio dove mette­re la palla perché la lun­ghezza delle sue gambe permettono a Toni di in­crociare il diagonale dove pochi difensori possono arrivare.



Luca segna in tutti i mo­di. Con conclusioni dal limite dell’area, di precisione, di potenza, in acrobazia, con opportunismo. Ha fiuto, intuito, senso della posizione. Segna e gioca. Quando finisce la partita, anche se non ha fatto gol, è stato comunque prezioso per la squadra. Che aiuta quando è in difficoltà, la fa respirare perché sa te­nere palla e la fa salire quando non rie­sce a creare gioco in altra maniera. Col lancio lungo per Ibrahimovic, unico schema della stagione scorsa dell’Inter, Mourinho ha vinto lo scudetto, ma non crediamo che sarà così anche per Ra­nieri, tatticamente di un livello supe­riore al portoghese.



Nel gioco del tecnico romano la figu­ra della punta centrale forte fisicamen­te è sempre stata impor­tante, se non fondamenta­le. A , aveva Silen­zi come centravanti, con Careca che gli girava at­torno; a Firenze c’era Ba­tistuta; a Valencia aveva portato Cristiano Lucarel­li; all’Atletico Madrid prese lui stesso l’olande­se Hasselbaink che poi ritrovò al Chel­sea, come eredità di Vialli che aveva chiesto proprio a Ranieri se era adatto alla Premier League; al Parma c’era Budan; alla ha puntato su Trezeguet al primo anno (20 gol in 36 partite), prima dell’infortunio. Adesso avrà Toni, un giocatore da rigenerare. E anche questa è una specialità di Clau­dio Ranieri.