I nostri bei difetti

22/10/2009 alle 09:40.

IL ROMANISTA (G. MANFRIDI) - Questa Roma ha diritto ad avere i suoi difetti”. Non si può dir meglio. Una proposizione bella anche esteticamente per la naturalezza con cui fa coincidere il pensiero alle parole e le parole a un giudizio. E’ di Federico Nisii, pronunciata ai microfoni di Rete Sport a commento di certi commenti sulla Roma mortificata a San Siro da voleri che prescindono dal gioco del calcio. Mi rileggo e ci ripenso. Per chi segue Nisii da tempo e apprezza il caldo nitore del suo esprimersi, parlare di un’affermazione (che sa troppo di punto esclamativo) fa addirittura torto a questo eccellente esegeta delle vicende giallorosse, così ...



Volendo accedere a un soffio di enfasi,  è l’ovvietà della musica di Mozart, che disvela, non crea. Sono sempre grato a chi sa farmi notare ciò che già so ma che stento a tradurre in forma chiara. Come in questo caso. La nostra Roma è piena di difetti, non ci serve che perda per doverlo scoprire. Anzi, vi sono sconfitte che questi difetti nemmeno li rilevano troppo, fatto sta che ci sono, che li conosciamo, e tanto basta a offrire il per argomentazioni stucchevoli. Che follia sarà mai quella di anteporre la tesi del “dovevamo chiudere sul 2-0 il primo tempo” all’argomento chiave, che rimanda a un rigore non dato e capace di dirottare la partita da un senso all’altro? Per quanto mi riguarda, al gol di Mènez non sono neanche riuscito a gioire. Primo, perché segnare tra quelle mura dopo appena un minuto vale certo qualcosa, ma vale un po’ meno di un gol realizzato in altri momenti e in altre circostanze. Piazzare l’uno a zero quando si ha ancora nell’orecchio l’eco del fischio di inizio può addirittura esporre al rischio di lanciare un messaggio sia agli avversari, indotti da subito a ritmi d’assalto, sia a chi è disposto a tutelarne l’emersione da uno stato crisi ulteriormente acuito da uno svantaggio repentino.




Non per nulla, a sopprimere del tutto il mio entusiasmo virandolo in rabbia ci si è messa la mancata  ammonizione a Thiago Silva, che con un virtuosismo da alta sartoria ha trasformato la maglia del francese in

un abito con strascico. Che poi Mènez se ne sia impipato andando dritto per la sua strada non modifica affatto quanto scritto nei regolamenti. In questo caso, al contrario di un gol che se troppo anticipato suggerisce prudenza, ammonire un difensore al pronti via è roba pesante. Ottantanove minuti con un giallo sulle spalle avrebbe condizionato tutti i movimenti del giocatore e, di converso, anche quelli della panchina. Perciò, a questa roba pesante, troppo pesante, Rosetti ha pensato bene di non dare peso. A quel punto, l’imprinting della serata non pretendeva altre conferme. Bravo, bis. E difatti il bis è arrivato eccome.



Sono passati tre giorni da quell’ordito di scelleratezze arbitrali per nulla redente dalla nostra pseudocolpa di non averci dato giù di goleada, e ancora non riesco a schiodarmi dall’idea che questa Roma abbia diritto ad avere i suoi difetti. Ha diritto, se ce la fa, a vincere a Milano nonostante essi, tanto che era scesa in campo per farlo, lo stava facendo e l’avrebbe fatto. Ma poiché, si sa, tutti lo sanno, non ha una punta di peso e bla bla, la difesa ancora prende troppi gol e bla bla… non si vede perché debba pretendere di guadagnarsi un risultato sul campo che, a negarglielo, si può sempre dire: “Con un centravanti vero la chiudeva subito e amen”. Accidenti, ma fateci giocare per quelli che siamo! Anche così, hai visto mai che non ci sia possibile bastare a noi stessi! Qualcosa di buono, però, la rinnovata jattura di San Siro ce l’ha rimessa tra le mani: la determinazione a credere nel talento di Mènez e il rinnovato stupore per Guberti, che ci ha fatto vedere cose che già ci aveva fatto vedere, e che dunque sa fare non per caso. Salta l’uomo ma tira maluccio. A volte, però, di uomini ne salta due, sicché il suo tirare maluccio mi sembra un limite passeggero e correggibile rispetto al peso della qualità che mostra.



E siamo al presente. Oggi, il Fulham lontano da qui. Ancora L’Inghilterra, dopo tanto Manchester, e ancora Londra, dopo il Chelsea e, soprattutto, dopo l’. Peccato che il sottofondo musicale sia diverso. Ma a sopportare quel po’ di tedio imposto dalle lunghe fasi inaugurali della Europe League, io credo che potremo trovarci tutti riversati su scenari emotivi importanti. A me già esalta l’espressione ottavi di finale, che comunque contempla la parola “finale”, figurarsi ad andare oltre. Verso quella che Umberto Saba chiamava:


l’ultima gara.