Rosella dica... trentatrè

26/09/2009 alle 19:28.

IL ROMANISTA (CAGNUCCI) - Dica trentatré. Ma del malato glielo danno da almeno tre anni. Dica trentatré. Ma quello che ha sentito sulla schiena quando un amico gli ha riferito l’accaduto è stato più di un colpetto. All’occhio, invece, l’effetto della maglia ritirata dalla curva a Totti è stato qualcosa come uno scarabocchio sul Colosseo.


Perché non può essere un baffo sulla Gioconda, dadaismo o -art, non può essere nemmeno genuina


pura irriverenza ultrà. non ha mai chiamato «pezzenti» i tifosi della Roma come ha fatto Paolo Maldini (visto che pare il precedente affine, oltre che quello più recente), non ha mai lontanamente pensato


di farlo, tantomeno adesso per quello che è successo: se ci sta male è proprio perché quel pezzetto di curva

non riesce a conquistarlo del tutto. Non essendo ruffiano, ma timido, il compito è ancora più difficile, i suoi

modi sono più sul versante Falçao (bilancino come lui) che su quelli dell’incendio di . Tutto questo


c’entra ancora poco. quando è andato in curva ha preso il megafono e alla curva ha detto "ti amo", anche


se dal muretto di un gruppo che non c’è più (forse questo c’entra qualcosina di più viste le dinamiche di curva,

ma veramente poco di più). Per quello che ha fatto, per quello che rappresenta è persino un argomento


noioso: apodittico, insindacabile, paradigmatico, difficile da spiegare come il razzismo a mia figlia di Ben

Jelloun. Lui c’è, come Dio sui cartelloni dell’autostrada, poi il paradiso può anche attendere veramente. Non

è stata nemmeno la prima volta: c’era stata la bottiglietta nelle nebbie di Siena in un pomeriggiaccio, c’era

stato il derby perso 3-1 quando Di Canio non solo segnò ma fece lo show: sui muri di Trigoria in quella settimana comparvero scritte tipo "Cassano unico ultrà" perché , il je accuse questo era, non era intervenuto direttamente. Lo fece Dellas al posto suo, perché era come le olive e i colori della Lazio: greco. Ieri Cassano ha detto quello che ha detto, domenica Di Canio per Mediaset ha fatto i complimenti alla Roma. è talmente tanto di più che non c’è paragone: non è quella maglia ritirata, ma quella della Roma indossata in


ogni parte del pianeta. è i bambini che dicono "" pure se non capiscono ancora niente di pallone.


E’ il chiacchiericcio di Roma. è talmente tanto di più di queste polemiche che non c’è spiegazione, a parte


una. Chiamarlo persino simbolo è anche riduttivo, ma stavolta proprio questo gesto - e le coincidenze spazio-

temporali - possono aiutare a dare una nuova definizione: l’agnello sacrificale. quest’estate s’è messo a difesa della AS Roma perché non poteva non farlo, perché è un uomo e la gratitudine per 17 anni di stipendi è un sentimento appena doveroso, perché la "deontologia" del ruolo glielo impone. Il problema non è il suo grazie alla proprietà - mal digerito da molti esponenti dei gruppi organizzati subito, non solo domenica


passata - il problema è la proprietà che ancora deve fargli firmare un contratto annunciato ai tempi di Sandokan. In tutta questa vicenda Rosella Sensi non ha detto niente, eppure quest’estate nell’affaire Fioranelli

in un quarto d’ora è stata spedita, recapitata e pubblicata sulle agenzie di casa la lettera che lo chiamava

in causa come il suo ultimo baluardo, il suo scudo spaziale. alla Roma è tutto. Il problema è anche


questo. Se in cinque stagioni Spalletti ha potuto avere l’unico giocatore indicato da lui è stato perché il

capitano ha preso il telefono e ha convinto Pizarro a venire. E allora il paradosso regge: questo sgarbo antistorico diventa la metafora per dire "Francesco lascia perdere la dirigenza, rimettiti la tua maglia". Soltanto che questo fa gioco proprio alla Sensi che più dello stadio (martedì sapremo, martedì c’era telefono giallo) ha già "utilizzato" il suo capitano per difendere la sua posizione. Eccolo l’agnello sacrificale. Domani compie trentatrè anni, ma l’impressione di fare i miracoli