LR24 (AUGUSTO CIARDI) - Nel primo tempo sembrava che De Rossi allenasse il Frosinone. Perché in campionato la sua Roma, nel suo primo mese, Salerno a parte, aveva abituato a partenze lanciate. E invece stavolta ha lanciato la squadra del suo vecchio compagno di squadra. Padroni di casa a mille, che fanno i conti con la sfortuna più che con la Roma, si concedono solo una leggerezza e la pagano con la vita, perché il gol di Huijsen devasta il Frosinone che muore in quel preciso istante, raccogliendo il pallone in fondo alla porta.
Cambiare pelle non vuole dire rinnegare chissà quale principio ma semplicemente è sintomo di intelligenza. Alla Roma nella ripresa basta un ritocco tattico e i tre punti vanno in cassaforte. Avversari stanchi, perché è impossibile mantenere per novanta minuti i ritmi impressi dai ciociari nel primo tempo (il vero grande limite di certi allenatori, che non tengono in considerazione i cali fisici e mentali dei loro calciatori), più qualità in mediana, la sicurezza del gol di vantaggio.
La Roma di De Rossi sembra davvero a suo agio con tre mediani più due mezze punte a supporto del centrale offensivo. E l'impressione è che per ora gli esperimenti possano essere rinviati, perché la stagione è entrata nel vivo, e perché se proprio sarà necessario provare il 4-2-3-1, prevederà mezze ali di spinta o di qualità, e non un soltanto esercito di punte.
Non è tempo di esperimenti perché tra coppa e corsa alla Champions League c'è da superare il Feyenoord, da tenere il passo di Atalanta e Bologna che corrono manco fossero Jacobs, e la Roma per farlo deve sfruttare ciò che le riesce meglio, ossia la fase offensiva. Perché nonostante una batteria di difensori centrali nutrita e di livello, avendo ora a disposizione pure Smalling e il rientrante Ndicka, giocare a tre sembra una soluzione da partita in corso.
La Roma di De Rossi si fonda sul palleggio e sulle verticalizzazioni. Paga dazio in fase difensiva, perché per un tempo il Verona, l'Inter e il Frosinone hanno tenuto in scacco la squadra giallorossa. Finché ci riesce l'Inter te ne fai una ragione. Per le altre, servono contromisure. Ma servono anche contromisure estemporanee in campo, non solo da bordocampo.
I calciatori della Roma hanno offerto l'ennesima conferma: quando la squadra non gira, chi sta in campo non sa cambiare l'inerzia del momento, attende sempre l'input dell'allenatore. I calciatori della Roma non vanno mai fuori spartito, neanche quando lo spartito è sbagliato. Succedeva pure con Mourinho e Fonseca.
Quando è evidente che si sta sbagliando partita, la carica per invertire la tendenza non si suona mai in autonomia in campo, si attende sempre che prenda la bacchetta in mano il direttore d'orchestra. Che ieri ha dimostrato, durante l'intervallo, di essere pronto e reattivo. E di avere probabilmente trovato la strada giusta.
In the box - @augustociardi75