LR24 (AUGUSTO CIARDI) - Potremmo scomodare la trama del film Ricomincio da capo, o il celebre gioco da tavolo, tanto cambia poco. Passa il tempo, cambia la gente, si ritorna sempre indietro, a vivere in quel cortile tutto romano in cui dalla finestra a turno ci si affaccia e si chiede ar sor Giovanni o alla sora Ersilia di raccontare aneddoti del passato. Tanto coincidono malinconicamente coi fatti di attualità. La Roma ferma il tempo e lo rende terribilmente noioso.
Laddove il presente è mesto, rimestolo il passato e lo romanzo abbinandolo ai nuovi interpreti. Ci risiamo. I titolari si rendono ridicoli contro modesti avversari, entrano i bambini figli del vivaio e via di retorica sulle giovanili, sui ragazzi fatti cor pennello, via agli appelli "fate giocare la Primavera", "mettete Alberto De Rossi in panchina". Poi succede che il talentuoso Volpato faccia gol e mostri personalità, ed ecco che "è un predestinato perché fa parte dell'agenzia di Totti", oppure, seguendo una battuta a fine partita di Di Biagio a Dazn, si ricama sul fatto che si chiami come il primogenito del Capitano, "Nel nome del figlio" ossia per Totti più che un ragazzo della sua scuderia è quel figliolo australiano che tutti vorremmo avere. E via così. Dalle scarpe di Felix ai guizzi di Zalewski e alla sostanza di Bove.
Chi ieri esaltava l'africano, oggi lo mette all'indice, considerandolo poco più che un podista. Ossia: le chiacchiere sulla Roma sono l'unica cosa peggiore della Roma in campo. Il futuro diventa passato remoto in novanta giorni, cedendo il passo al presente che tutti invocano, e che magari fra tre mesi sarà di nuovo da cestinare. Era successa la stessa cosa, più o meno, pure con Darboe, più o meno un anno fa. Effetti collaterali. La Roma di Mourinho, la Roma di Pellegrini, Zaniolo, Mancini e Sergio Oliveira, è inguardabile. Ma come al solito per ogni Roma del genere corrisponde una Roma che guarda il dito e non la luna. E si continua a giocare tristemente al campionato delle chiacchiere, nello stadio del cortile trasteverino. Non se ne esce. Neanche con l'allenatore più bravo che si potesse ingaggiare, più internazionale che esista in natura, più carismatico che si possa immaginare. Si parla dei bambini perché gli adulti sono terribilmente infantili nei modi e nei termini.
Pellegrini, il capitano, si aggiunge alla lista di calciatori della Roma che descrivendo Mourinho parlano di tecnico che trasmette magnetismo e carattere. "che bella intervista!" il commento di chi la legge. Al sottoscritto trasmette incazzatura, fastidio, rabbia. Perché l'ennesimo calciatore parla, parla, parla, ma poi in campo di ciò che Mourinho trasmetterebbe a lui e ai suoi compagni, neanche l'ombra. I calciatori della Roma sembrano tifosi che hanno vinto il concorso Passa una giornata a Trigoria con Mourinho! Vanno al centro sportivo, lo incontrano, ne subiscono il fascino, gli brillano gli occhi. Tornano a casa e postano foto e frasi di elogio per il portoghese. Questo sembrano. Perché in campo non si vede neanche l'ombra di ciò che dovrebbe essere una squadra di Mourinho. Zero. Solo tante belle parole. Colpa del tecnico? Troppo di basso livello i calciatori? Il cortile trasteverino si divide a suon di ricordi del passato. "sor Carlé ma t'o ricordi Herèra?" "sòra Marì, mejo parlà dei regazzini, li mejo fichi der bigonzo". Nessuno tocchi i tifosi, non sono loro i destinatari delle critiche. Il problema è che questi discorsi sono fatti dagli "addetti ai lavori". Evidenziano la egocentrica difesa delle proprie idee e della fuffa che spesso proponiamo tramite i mass media.
Siamo sempre più male abituati a dire e scrivere cose condizionate dalle reazioni che le nostre parole dette e scritte provocheranno sui social. Voglio beccarmi una decina di commenti di elogio e qualche like? Mi scaglio contro tutti i calciatori, nego anche la minima responsabilità dell'allenatore e magari chiudo l'arringa elogiando i cinquantamila dell'Olimpico o i duemila del settore in trasferta. Voglio farmi pubblicità al contrario? Invoco l'esonero immediato, sapendo che qualcosa di positivo trarrò dalla shitstorm che mi travolgerà. Giochini sgamabili in un nanosecondo. E intanto la Roma sta buttando in campionato il quarto anno consecutivo. Siamo passati dal cercare di accorciare le distanze rispetto al primo posto al dover tenere a debita distanza in classifica Verona e Torino. Imbarazzante. Continuo a pensare che Mourinho sia l'unico esplosivo in grado di sgretolare un muro che abbiamo provato a spallare con la testa, sfasciandocela con la disperazione di chi non ne può più. Ma urge che il tecnico trovi al più presto l'innesco. Perché lui non ha l'esenzione dal ticket delle colpe. Contro il Verona c'erano dodici possibili titolari. Era praticamente impossibile sbagliare formazione e scelta del modo di giocare. Proponendo quella difesa a cinque, scegliendo il lancio lungo per Felix, la Roma è riuscita nell'impresa di sposare l'unica soluzione errata. Perché? Boh. Meglio parlare delle scarpe di Felix, dei segni del destino di Volpato, e scoprire i luoghi dove è cresciuto Bove. La Roma è lo spin-off sfigato della serie TV sul campionato.
In the box - @augustociardi75