LAROMA24.IT - Che fascino infinito la corsa verso la panchina ad abbracciare il mister. Un rituale antico, molto anni '80, di un calcio che, nel bene e nel male, non esiste più. Magari di un pallone di provincia, quando il mister di turno rischia l'esonero, un 'pareggiotto' alla scadere posticipa di almeno una settimana il licenziamento e allora l'attaccante di categoria corre a festeggiare con il tecnico il pericolo scampato. Poi nel tempo è divenuto un gesto quasi 'boomerang' per chi lo faceva. Potevi essere tacciato di ruffianeria nei confronti dell'allenatore e spesso poteva esser messa in dubbio la genuinità dell'abbraccio utilizzato per meri fini personali ('ti vengo ad abbracciare così mi fai giocare domenica prossima').
Ma togliamo ora tutte le possibili (e impossibili) sovrastrutture. Dybala non ha bisogno di nulla e nessuno può pensare lontanamente a una bruttura del genere. Più che ovvio. Dybala segna l'ennesima perla, corre verso la panchina, vede un indemoniato che esulta più di lui (che casualmente è anche il tecnico della Roma) e con tutta la spontaneità del mondo gli salta addosso. Splendido splendente.
Esattamente come la luce che emana in campo il '21': potete amare o odiare qualsiasi allenatore del globo ma nessuno potrà andare contro questa che poi è un'ovvietà, una banalità. La Joya è la nostra luce e quando si spegne è tutto più difficile. Godiamocela questa luce quando si palesa così fulgida e esultiamo anche noi in quell'abbraccio. Forza la Roma sempre.
MDR