LAROMA24.IT (Matteo Arceri) - Sono passati 10 anni da quando la Roma pone l’ultimo trofeo nella propria bacheca. Troppo tempo è trascorso da quel 24 maggio 2008, in cui la squadra di Luciano Spalletti batte quella che sembrava l’invincibile Inter di Roberto Mancini nella partita valevole per la finale della 61a edizione di Coppa Italia. Da quel momento in poi: secondi posti con tricolori soltanto sfiorati, finali di Coppa Italia perse, e un sogno, quella della finale di Champions League di Kiev, che solo il Liverpool (e l’arbitro) è riuscito a infrangere.
Quel sabato sera, allo stadio Olimpico, si rinnova la sfida tra Roma e Inter, già protagonisti nelle tre precedenti edizioni di Coppa Italia e nei duelli per la lotta allo scudetto di quegli anni. Ma quel match tra i giallorossi e i neroazzurri ha un sapore differente rispetto agli altri. Questa volta il desiderio di ‘vendetta’ della squadra di Spalletti nei confronti degli interisti è molto più forte dopo che in campionato non è riuscita a conquistare lo scudetto 2007/2008 per soli 3 punti. Questo senso di rivalsa lo si nota subito nella grinta con cui i giocatori entrano in campo, con la splendida cornice dei circa 45 mila tifosi dell’Olimpico che, con i loro cori, fanno sentire a stento l’Inno di Mameli intonato dalla banda dei Carabinieri poco prima del fischio d’inizio del big match. Non è certamente una gara consigliata alla visione dei più deboli di cuore viste le emozioni altalenanti che i tifosi hanno vissuto nel corso dei 90 minuti di gioco. Dall'esaltazione del doppio vantaggio della Roma raggiunto grazie alla prodezza di Philippe Mexes (36’) e al gol di Simone Perrotta (54’), si è passati alla paura del possibile recupero della formazione di Mancini. Il gol del 2 a 1 segnato al 60’ da Pelé, con un potentissimo destro da fuori area su cui Doni nulla ha potuto fare, non solo riapre la partita a mezz’ora dal fischio finale, ma restituisce fiducia alla squadra milanese che a quel punto crede di poter rimontare il risultato. E ci stava riuscendo se quel colpo di testa di Burdisso non avesse colpito il palo che ha fatto tremare i cuori di tutti i tifosi. Anche quello di Francesco Totti che, da bordocampo, assiste alla gara con sofferenza, non perché gli facesse male il ginocchio su cui aveva subito l’operazione per la rottura parziale del legamento crociato, ma perché quella partita l’avrebbe voluta certamente giocare, anche da infortunato.
Sono 6 i minuti di recupero concessi dall'arbitro Morganti. 6 minuti in cui la Roma gioca con le ultime forze che gli sono rimaste. De Rossi (unico reduce di quella sfida) con la fascia da capitano e con la sua solita grinta cerca di trascinare la squadra verso la vittoria. Nel frattempo nell'Inter prevale la stanchezza a discapito di quella determinazione che fino a quel momento ha messo in campo per opporsi agli avversari, cercando di recuperare il risultato.
Al triplice fischio del direttore di gara dall’Olimpico si sente un urlo di gioia, un urlo di liberazione. La Roma vince la nona Coppa Italia della sua storia. L’allora presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, consegna la coppa al capitano Francesco Totti che tra i coriandoli tricolore alza il trofeo al cielo di Roma. Sono passati 10 anni da quel momento Troppi! Forse è da qui che bisogna ripartire, dalla Coppa Italia, per poi iniziare ad abituarsi a vincere trofei anche di maggior prestigio perché questa società e questa tifoseria non merita un digiuno così lungo.
(Foto almanaccogiallorosso)