LAROMA24.IT (Federico Baranello) - Ci sono nomi che da soli raccontano “la storia”, che identificano e caratterizzano un’epoca. Ci sono nomi che indicano un modo di essere o di interpretare un ruolo. Ci sono nomi che assurgono a icona. Agostino Di Bartolomei è uno di questi. E’ talmente vero che se qualcuno pronuncia il nome “Agostino” il pensiero va a lui, anche se stai parlando di qualcun altro. Se poi si aggiunge “Di Bartolomei” allora ti si apre un mondo. Un mondo che ti parla di un uomo caratterialmente predestinato a portare la fascia sul Cuore prima ancora che sul braccio. Un uomo con in dote l’umiltà, la lealtà, la sportività, la riservatezza, la cultura e il rispetto. Mai banale. Mai!
Quel mondo ti parlerà anche di un calciatore dotato di una tecnica superiore alla media, di una visione di gioco fuori dal comune, di un lancio con il “contagiri” e di un tiro di rara precisione e forza. Una forza che nei calci di punizione e nei rigori trova la sua massima espressione. E sempre quel mondo ti parlerà di come, proprio in occasione dei calci piazzati, la folla intorno a lui accompagna l’esecuzione cantando ““Oooh Agostino! Ago-Ago-Ago-Agostino gol!”, in attesa di vedere la rete gonfiarsi. Quel mondo e quella folla potrebbero raccontare di come si deve leggere il gioco in anticipo quando si è un po’ più lenti. Di come il calcio sia un gioco semplice e un gioco di squadra: una giocata non può e non deve essere appariscente a scapito di un passaggio semplice. Una giocata deve essere a favore del compagno meglio piazzato. La cosa migliore da fare è pensare sempre quale sarebbe il bene della squadra. Esiste un “Noi” nel calcio e non un “Io”. Questa è l’essenza del pensiero di “Dibba”.
Sempre quel mondo potrebbe raccontare di come questo ragazzino sia nato, praticamente con il pallone tra i piedi, l’8 aprile del 1955. È il papà Franco a trasmettergli la passione per questo gioco. Dall’oratorio del San Filippo Neri alla Garbatella alle giovanili della Roma il passo è relativamente breve. Fa in tempo anche a rifiutare una proposta del Milan che, alla tenera età di tredici anni, vuole portarlo sotto “la Madunina”. Dalla prima pagina del Corriere dello Sport del 30 Luglio 1969, quando Agostino ha 14 anni: “Potenziato il vivaio giallorosso – Tra questi nomi il futuro Landini (…) nella lunga fila degli acquisti alcuni meritano senza dubbio una citazione. Primo fra tutti Agostino Di Bartolomei (1955), mediano proveniente dal n.a.g.c. omi. Un ragazzo che è già più di una promessa. Mediano moderno, tecnicamente perfetto, è dotato di una grande intelligenza. Di lui, ha detto Herrera si sentirà ben presto parlare”. Il tutto con una foto in primo piano del predestinato Agostino.
Con la Primavera è Campione d’Italia per ben due volte nel 1972/73 e 1973/74, e lui ne è il Capitano; in squadra giocatori del calibro di Bruno Conti, Rocca, Sandreani, Peccenini e Stefano Pellegrini.
Il 22 Aprile del 1973, finalmente, l’esordio in Serie A. Gioca al posto di “Ciccio” Cordova in Inter -Roma (0-0): “Fra i romani, buon esordio di Di Bartolomei” si legge nel sottotitolo dell’articolo dedicato alla partita su “La Stampa” del 24 Aprile 1973, e prosegue “…Il romano diciottenne Di Bartolomei (una scoperta del segretario giallorosso Anastasi) ha fatto un positivo esordio in serie A al posto di Cordova”. Inizia da qui la storia di uno dei Capitani più amati ancora oggi.
Dopo 11 anni con la maglia capitolina colleziona 308 presenze e 67 gol nelle varie competizioni disputate e vincendo uno storico scudetto oltre a tre coppe Italia contribuendo in maniera determinante a trasformare per sempre la “Rometta” in “Maggica”.
Oggi ci godiamo l’esordio, solo l’esordio e niente altro.
“Agostino”…basta il nome.