2 SETTEMBRE: Rizzi-gol e quel Facha un po’ così. Le storie di Bartelt e Rizzitelli, nati entrambi oggi

02/09/2012 alle 13:45.

LAROMA24.IT - 2 settembre, due compleanni, due storie giallorosse. La prima è del 1998. In quella calda estate, la Roma di Zdenek Zeman, al secondo anno in giallorosso, si prepara ad affrontare la stagione nel ritiro di Predazzo, in Trentino

 

LAROMA24.IT - 2 settembre, due compleanni, due storie giallorosse. La prima è del 1998. In quella calda estate, la Roma di Zdenek Zeman, al secondo anno in giallorosso, si prepara ad affrontare la stagione nel ritiro di Predazzo, in Trentino. Si suda, tra gradoni e ripetute. Con un orecchio sempre attento alle notizie di mercato. C’è da comprare una punta, un attaccante di valore che possa prendere il posto di Abel Balbo, passato al Parma. I giornali si tuffano nella solita girandola di nomi altisonanti, da Inzaghi a Batistuta: ma il vero obiettivo di Franco Sensi è il giovane David Trezeguet del Monaco.  Lo spilungone franco-argentino continua a promettersi alla Roma a mezzo stampa, ma il presidente del club del Principato nicchia.



Così, una mattina di agosto, arriva in ritiro tra le Dolomiti il nuovo acquisto dell’attacco giallorosso, il biondo argentino Gustavo Javier Bartelt, classe 1974, professione (come dice lui stesso ai giornali) “delantero, attaccante, a cui piace fare gol e servire assist ai compagni. Gioco al centro dell' attacco o all' esterno, dipende da quello che mi chiedono. Calcio con il , ma anche il sinistro è buono. Non sono bravissimo di testa". Neanche con i piedi, a dire la verità.



Lo chiamano El Facha (il bello), per via dei lunghi capelli biondi e la faccia da divo delle soap. Proviene dal Lanus, dove ha realizzato 13 reti in 18 partite: alla Roma costa ben 13 miliardi di lire.  Il suo esordio italiano è promettente: segna due gol nella partita di presentazione all’Olimpico contro il Santos e si ripete nella prima gara ufficiale della stagione, in Coppa Italia, quando realizza la rete che dà inizio alla rimonta giallorossa nel 2-2 contro il Chievo.



Dopo le contestazioni in ritiro da parte dei tifosi, insoddisfatti da una campagna acquisti che ha avuto il suo culmine nello “scippo” di Dejan Stankovic da parte della Lazio di Cragnotti, le prime apparizioni di Bartelt iniziano ad accendere entusiasmi. A fare il pompiere ci pensa proprio Zeman: “Bartelt un fenomeno? Non giudicatelo perché ha preso a segnare. E’ bravo, ha numeri, ma aspettiamo gare vere e avversari veri”.

Per la prima di campionato contro la Salernitana viene schierato titolare nel tridente d’attacco, al fianco di Paulo Sergio e , ma la sua prestazione è opaca: esce al 10’ del secondo tempo per far posto a Frau. Sarà la sua prima e ultima volta da titolare.




A ottobre di quello stesso anno, la sua migliore prestazione in giallorosso, l’unico sprazzo di luce in un’esperienza anonima: Roma-. Al 78’ Bartelt entra in campo al posto di Delvecchio, con i viola in vantaggio per 1-0, grazie al gol di Batistuta, e in dieci contro nove. La rimonta sembra impossibile.

44’ del secondo tempo. Bartelt entra in area sulla destra palla al piede e inizia una danza con il pallone tra i piedi, una serie di finte che mettono a sedere la difesa viola; poi arriva sul fondo, e mette in mezzo per l’accorrente Dimitri Alenitchev che deve solo spingerla in rete. Tutto questo sotto la Sud. “Ha fatto tutto Bartelt!” urla Caressa in telecronaca. 1-1, palla al centro e Gustavo ricomincia lo show. Un’altra azione sulla destra, punta Heinrich, ma stavolta non lo mette a sedere: alleggerisce su Di Francesco e si accentra. Eusebio scambia con , uno due, finta sul marcatore e palla filtrante per l’accorrente Bartelt che scarica verso la porta. Prima respinta del difensore, secondo tiro di Gustavo con Toldo che si oppone. La palla resta lì e l’accorrente
insacca: 2-1 finale. Trionfo e tripudio. Rimarrà l’unica partita memorabile di Bartelt. Il quarto d’ora di celebrità che, come diceva Andy Warhol, prima o poi tutti hanno.

Il secondo festeggiato di oggi, invece, ha avuto ben più di quindici minuti di gloria con la maglia della Roma e a lui è legato il ricordo di un acquisto clamoroso. Stiamo parlando di Ruggiero Rizzitelli, attaccante nato nel 1967 a Margherita di Savoia, in provincia di Foggia. Cresce nelle giovanili del Cesena e a diciotto anni è già in prima squadra, in serie B. L’anno successivo contribuisce alla promozione della sua squadra nella massima serie dove esplode definitivamente.



Il suo talento cristallino, la sua agilità e il suo fisico ne fanno un’ala sinistra completa, la spalla ideale per un centravanti; se ne accorge anche Azeglio Vicini che lo fa esordire in nazionale (primo calciatore del Cesena in azzurro) e lo porta con sé ai campionati europei del 1988 in Germania Ovest. Si capisce che Ruggiero, nell’estate di quello stesso anno, sarà quello che oggi definiremmo il crack del calciomercato. E così è. Attorno al cesenate si scatena un’asta furibonda, con la in prima fila per accaparrarselo: si parla di un’offerta di 9 miliardi più altri 4 per il suo compagno di squadra, l’ala destra Alessandro Bianchi. Sembra tutto fatto. Poi arriva la svolta, il colpo che nessuno si aspetta. Dino Viola supera l’offerta juventina, mette sul piatto dieci miliardi cash per il giovane attaccante, mentre Boniperti aveva provato a inserire nell’affare qualche contropartita tecnica. Così Lugaresi, presidente del Cesena, telefona a Rizzitelli, in Germania con la nazionale e gli comunica che l’anno successivo giocherà nella Roma.




Esordirà in giallorosso proprio contro il Cesena, al Manuzzi e la sua storia sarà legata a doppio filo con quella della Roma per sei stagioni; dopo un inizio difficile, Ruggiero entra piano piano nel cuore dei tifosi che lo inneggiano sempre più al grido di “Rizzi-Rizzi-Rizzi-gol!”. Lo adorano per la sua grinta, la sua tenacia, la voglia di gettare sempre il cuore oltre l’ostacolo, ma anche per la sua tecnica e per i gol importanti e preziosi che realizza. Splendida e indimenticabile è la cavalcata che porta la Roma di Ottavio Bianchi alla finale di Coppa Uefa nel 1991 contro l’Inter, con Ruggiero che nella sfortunata finale di ritorno, dopo la sconfitta per 2-0 all’andata, realizza il gol della speranza, purtroppo inutile. Quell’anno conquista la Coppa Italia, superando in finale la Sampdoria tricolore di Vialli e Mancini. Nell’estate del 1994 passa al Torino, poi andrà al Bayern Monaco di Trapattoni dove si leverà grosse soddisfazioni in termini di risultati. Niente a che vedere con la passione e l’amore dei tifosi che ha sentito qui a Roma, dove rimane un beniamino.

Due storie così diverse, due storie giallorosse.

Emanuele Giulianelli

@EmaGiulianelli