RAI DUE - Leonardo Spinazzola si racconta, dopo le anticipazioni circolate in giornata, al programma 'Ti sento', in onda sull'emittente pubblica e condotto da Pierluigi Diaco. "Mi vergogno di stare davanti alle telecamere, ma in campo no", dice il terzino della Roma. "Mi piace stare sottotraccia, mi vergogno che quando sono al ristorante la gente mi guarda o chiede foto - continua -. Dipende dal mio carattere, non lo so. Quando faccio interviste non mi riguardo mai".
Parlando dell'Italia, vorrei sottolineare la gioia della Nazionale e del gruppo. Da cosa nasce l'empatia?
"È stata la cosa più bella. Tutti i giocatori devono sapere il proprio ruolo e non avere l'idea di essere protagonisti più degli altri. È importante questo. Il mister ha tanto merito, così come tutto il suo staff, ha trattato sempre tutti nella stessa maniera. Mi chiamava 'Leo, Spina', i calciatori 'Spina'. Spinazzola lo odio, non mi piace chiamare la gente che conosco per cognome. 'Spina' va bene, se mi chiamano 'Leo' sono molto più felice".
In Nazionale con chi sei entrato più in empatia?
"Con Bryan Cristante e Mancio (Gianluca Mancini, ndr), Toloi e in questi 50 giorni ho stretto tanto con Locatelli, Berardi e Jorginho. Passi delle emozioni insieme e ti vuoi bene per tutta la vita. Il giorno dopo la finale nessuno voleva andare via. Anche con l'infortunio ho provato emozioni incredibili. Sono stato fino alla partita col Belgio in un'altra dimensione, volavo e mi sentivo fortissimo, mi sento così ancora di più oggi. Dopo la semifinale, la finale in casa dell'Inghilterra abbiamo fatto un pezzo di storia".
Spinazzola ricorda alcuni momenti della sua infanzia legati alla famiglia: "Con mio papà ho in comune la bontà. L'equilibrio non si insegna, si trova. Dalle batoste, dai pali in faccia, dagli infortuni e da piccole esperienze ho maturato questo".
L'esperienza col calcio ti aiuta nei rapporti?
"Al di fuori non vedono tante cose. Nel calcio sono partito molto presto, sono cresciuto prima e ho dovuto farlo per forza: a 14 anni cresci subito o torni a casa dalla mamma".
"Mi rivedo tanto in mia mamma, solare come me, sempre presente e tosta. Una donna", prosegue parlando della mamma Simonetta. "Anche con mie sorelle siamo forse troppo attaccati, sono più grandi di me - continua -. È un bene, siamo molto affiatati, io e mia moglie siamo uguali con i nostri figli. Quando posso devo andare a vedere mio figlio che gioca al campetto. Vorrei amare i miei figli come i miei genitori hanno fatto con me".
Ti è capitato di deludere i tuoi genitori?
"Magari a scuola (ride, ndr). Andava malissimo, alle medie rispondevo male...Era l'età. Mi sono sempre comportato bene, ma ero un po' presuntuoso. Rispondevo anche ai mister, meno male che sono andato via e mi hanno dato regole. Prima si cresceva al parco e giocavo sempre con i più grandi, usavo qualche parolina che sentivo dai più grandi".
Sei contento della persona che sei diventato? La parte di te che non supporti?
"Sì, molto. Ho trovato un equilibrio e sto bene con me stesso".
Dipende anche dalla presenza di tua moglie Miriam e dei tuoi figli.
"Senza dubbio".
"Tutti i bambini erano al parco, giocavamo a nascondino o facevamo tornei di calcio", aggiunge. "Puoi studiare quanto ti pare, ma un altro conto è la pratica. Serve studiare, è importante nel parlare con un'altra persona. L'esperienza è molto".
Parlando del libro 'Buongiorno, campioni', i proventi andranno in beneficenza.
"Sì, ho avuto la fortuna di visitare il Bambin Gesù e il primo pensiero è andato a loro, andrà tutto all'ospedale".
Adesso Spinazzola scrive 'Equilibrio!!!' sulla lavagna: "È la mia parola di adesso. Tutti i giorni deve esserlo, ho avuto la fortuna di aver trovato il mio equilibrio interiore a 26 anni, sono rinato".
Hai fatto analisi? Ti sei fatto aiutare? Credi si possa trovare l'equilibrio solo con le risorse interiori?
"No, ho fatto da me. Sì, lo penso grazie per fortuna o sfortuna alle cose che capitano. A gennaio di due anni fa dovevo andare all'Inter e ringrazierò sempre quei tre giorni a Milano. Sono stati tre giorni che mi hanno ferito".
In gioventù per motivi personali ti è capitato di avere delle ferite profonde?
"Ferite profonde no. Mi prendevano un po' in giro perché mi dicevano 'castoro' per i denti. Sì, è stato un complesso. Ero piccolo, avevo 12 anni e fino ai 14 in convitto mi prendevano in giro dicendo 'papà castoro'. Mi arrabbiavo".
Cosa ti senti di dire a chi vive questo tipo di bullismo?
"Che sono migliori di loro, senza dubbio. Chi parla tanto degli altri non è sicuro di se stesso".
Quando ti guardi allo specchio cosa dici?
"Sono sicuro di me stesso, sono un bravo ragazzo".
E cosa significa essere un bravo ragazzo?
"Avere rispetto, essere educato: sono questi i concetti che ti rendono tale. Ed è quello che voglio insegnare a mio figlio".
Tua moglie Miriam?
"Lei era entrata nel nostro gruppo di amici, la prima volta che l'ho vista ho pensato a quanto fosse bella. Lei faceva la sostenuta, le dicevano di non fidarsi. Poi c'è stata una sagra vicino Foligno in cui abbiamo ballato in gruppo. Sono andato in ritiro, poi lei mi ha cercato. Miriam per me è la mia migliore amica, mia moglie, la mia fidanzata e amante, è tutto. Basta che sto con lei, con i miei figli e il cane. Sono molto affettuoso".
C'è una critica che tua moglie ti ha fatto?
"Che sono troppo buono. È difficilissimo cambiare. Mi voglio anche fidare, ma non voglio rotture. Tolgo quella persona e si va avanti".
Ti aspettavi il saluto del presidente Mattarella nel giorno dopo la finale dell'Europeo?
"No, non mi aspettavo niente. Dentro morivo dal ridere. Pensavo da dove sono venuto e nel bene e nel male a quello che ho fatto in campo. Questo infortunio nel momento meno opportuno. Mi è dispiaciuto molto, stavo giocando un torneo incredibile, il più importante della mia carriera, alla grande. Non me l'aspettavo, stavo da Dio, volavo e mi sentivo volare in campo".
Quando rientri? Puoi anticipare qualcosa?
"Io ho detto che a fine novembre rientro in gruppo, questo non significa giocare una partita ma significa respirare la squadra. È una scaletta mentale, il mio equilibrio. Tutti i giorni punto quel giorno. Non so se sarà così, me lo auguro perché significherebbe che va tutto alla grande, che tra un tot di tempo corro, prendo la palla e scatto. Ho doti per cui devo allenarmi tanto".
Arriva un videomessaggio del ct azzurro Roberto Mancini: "Ciao Spina, come stai? Tutto bene? Mi raccomando, ti aspettiamo presto che abbiamo bisogno di te. Hai un gran fisico, recupera in fretta. Un bacio, ciao Spina".
Quanto ti vuole bene Mancini?
"Penso che mi voglia tanto bene. Mi stuzzicava sempre: non fare questo o questo. Lo faceva solo con me. È un bene, quando uno ti sta sempre addosso significa che prova qualcosa. Me lo ha fatto sempre capire, anche prima dell'Europeo. Mi sono sempre sentito parte di quella squadra e ho sempre sentito la sua stima nei miei confronti".