MKHITARYAN: "L'Arsenal un sogno, ma non potevo più perdere tempo. La pressione a Roma non è un problema per me" (VIDEO)

02/03/2020 alle 20:49.
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Nel documentario realizzato dal blogger russo, Yevgeny Savin, si è raccontato Mkhitaryan, protagonista delle ultime uscite della Roma, tra infanzia, passato allo Shakhtar, al Borussia Dortmund e al Manchester United, tra l'Arsenal e il prossimo futuro. Sul padre: "Perdere tuo padre a sette anni non è facile. Pensare che ha un cancro alla testa, non capivo niente di cosa stesse succedendo ma poi mi hanno cercato di spiegare che la vita sarebbe continuata anche senza di lui. Poi ho deciso che volevo andare a giocare a calcio. La perdita di mio padre mi ha permesso di giocare a calcio ancora più seriamente".

"Non ho rifiutato lo Spartak Mosca. Quando ero allo Shakthar pensavo di essere nella squadra più forte dell’ex Unione Sovietica. Non c’era motivo di andare allo Spartak perché il mio sogno era di giocare in Europa. L’Anzhi mi ha promesso un ingaggio folle più i bonus, ma per inseguire il mio sogno ho rifiutato. Quanti soldi? Un po’ meno di Eto’o. Quindi non proprio 20 milioni, ma quasi", sul mancato trasferimento in Russia.

"Non posso spiegare il punto di vista di Mourinho perché non so cosa pensasse. Posso dire che ho lavorato ogni giorno duramente e ho pensato che mi avrebbero dato un’opportunità. Così è stato. Ho giocato e abbiamo vinto l’Europa League e altre coppe", spiega sul rapporto con Mourinho. "Una volta mi ha visto a colazione e mi ha detto: 'Per colpa tua la stampa mi critica'. Io gli risposi: 'Davvero mister? Non lo faccio certo di proposito'. Ai tempi del Manchester United c’erano paparazzi tre giorni a settimana. Ti filmavano mentre entravi in macchina, come eri vestito… Una volta arrivati al centro sportivo loro erano ancora lì", prosegue. "Mourinho l'allenatore più difficile della mia carriera? Sì, potrei dire di sì. E’ un vincente di natura. Vuole che tu vinca e che tu faccia quello che ti chiede. E’ difficile per chiunque. Ci sono state divergenze e conflitti, ma non hanno avuto un forte impatto sul buon lavoro e sui tre trofei vinti", aggiunge. "Se è vero che mi ha attaccato dopo la partita e mi ha spinto dicendo che dovevo allenarmi? Sì, è vero. Tutto è iniziato da lì. Ho pensato: 'Non ho altro da aggiungere al Manchester. Lavoro, presso, aiuto la squadra, segno e qualcuno è anche insoddisfatto. Non volevo perdere tempo e giocare a calcio'. Giocare al Manchester è comunque un’occasione che ti capita una volta nella vita. Scendere in campo insieme a Ibrahimovic, Pogba, Mata, De Gea… Se dovessi ritornare indietro nel tempo, avrei rinnovato il contratto con i Red Devils. Non mi pento però di ciò che ho fatto", conclude.

Poi il passaggio all'Arsenal: "Sapevo che Wenger e l’Arsenal erano interessati a me ai tempi dei conflitti con Mourinho. Wenger mi voleva. Passare con loro è stato coronare il sogno che avevo da bambino. Molti giocatori francesi avevano indossato quella maglia in passato: Henry, Pires, Bergkamp, Vieira. Ero appassionatissimo. Poi, con l’arrivo degli Emirati Arabi, hanno iniziato ad avere problemi economici e hanno iniziato ad investire sui giovani. Trasferirmi all’Arsenal di Wenger è stato un sogno".

Fino al trasferimento alla Roma in estate: "Il primo settembre, due ore dopo il match giocato con l’Arsenal, Mino Raiola mi ha detto che avrei dovuto prendere il primo volo per Roma. E’ successo tutto molto in fretta. Mi ero ripromesso che le cose sarebbero cambiate in questa stagione. Quando hai 30 anni non hai più tempo da perdere e hai bisogno di andare avanti per continuare a divertirti. A inizio stagione il nostro obiettivo era entrare nelle prime quattro, andare in finale di Coppa Italia e proseguire il più possibile nel cammino europeo. La pressione qui non è un problema per me. Non per la mia età, ma perché ho giocato in club come Manchester United e Arsenal. La gente qui vive di calcio ed è molto bello. Voglio giocare al livello massimo il più a lungo possibile. Voglio giocare fino a 37 anni".

"Lo Shakhtar non ha un centro sportivo ma una reggia. Sognavo di giocare in Europa. Lucescu mi diceva sempre: 'Esci dal centro sportivo, perché ci stai così tanto?'. Ci ho vissuto praticamente dentro per tre anni, quando ero allo Shakhtar. Quando poi sono passato al Borussia Dortmund mi dissero che non c’erano più stanze disponibili. Così ho affittato un appartamento. Molte persone mi chiamavano ai tempi dello Shakhtar, mi dicevano: 'Vieni qui, firma questo contratto'", sul suo passato allo Shakhtar.

Infine, sui tempi al Borussia Dortmund e sul rapporto con Klopp: "Sono partito insieme a Raiola per Londra inizialmente per parlare con il Tottenham. Stavamo aspettando offerte dal Liverpool ma non eravamo sicuri. Poi abbiamo ricevuto la chiamata dal Dortmund e siamo volati immediatamente in Germania. Avevano venduto Goetze e gli serviva un nuovo numero 10. Al Liverpool e al Tottenham i posti erano già presi, quindi trasferirmi al Borussia era la migliore cosa da fare. Klopp mi disse subito le sue idee, dove mi vedeva in campo". "Prima di parlare,  Klopp mi ha abbracciato, tirato su da terra e detto: 'Non ti lascerò andare fino a quando non firmerai il contratto'. Alla fine della conversazione poi aveva aggiunto: 'Promettimi che tornerai al Borussia Dortmund'. E’ un amico, come un padre o un fratello per me. Quando ho lasciato il Dortmund ho iniziato a capire veramente il calcio", racconta.

Chiusura sul calcio armeno: "Non voglio criticare nessuno, ma i giocatori sono molto pigri. Le persone che lavorano in Europa sono completamente diverse". "L’Azerbaigian mi ha tradito? Vero. Molte volte. Sono un armeno orgoglioso. Ringrazio la mia Nazione e le persone che mi amano e mi supportano". Nel lungo documentario spazio anche per le parole della sorella del numero 77 giallorosso.

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