L'EQUIPE - Il tecnico della Roma Rudi Garcia ha rilasciato un'intervista nella quale parla dei suoi obiettivi con i giallorossi. Queste le sue parole:
"Credo ancora nello Scudetto, dopo la scorsa stagione le aspettative erano amplificate ma era normale che l'impegno in Champions avrebbe portato via energie preziose. Io sono comunque soddisfatto di quanto stiamo facendo anche se ultimamente abbiamo pareggiato un po' troppo. Io preferisco sempre vedere il lato positivo delle cose. Qui, invece, vedono troppo spesso solo il negativo. La partita con la Juve? Ci ha dimostrato che siamo in grado di competere con una grandissima squadra. Abbiamo giocato una grande partita e perderla mi ha lasciato un senso di ingiustizia. Dopo sono stato criticato per quella sconfitta ma io dico la verità: abbiamo subito tre gol irregolari. Ora però siamo a -7 e non si può tornare indietro. Totti? Purtroppo non ha più vent'anni e deve essere gestito. A lui spesso piace arretrare fino a centrocampo ma nel Derby gli ho chiesto di avanzare lasciando la regia a Pjanic e guarda caso ha segnato una splendida doppietta. Con Francesco ci capiamo senza parlare, quando sono arrivato a Roma gli ho detto che voglio vincere un trofeo insieme a lui. Gervinho? So perfettamente cosa può darmi un giocatore come lui. Quando è arrivato qui molti erano scettici. Le sue caratteristiche sono la facilità di dribbling e la velocità, non puoi chiedergli di giocare a due tocchi".
Poi il finale dedicato ai tifosi della Roma: "La loro è una passione smodata, quest'anno poi sono stati sorprendenti. Se ho aperto un account Twitter è stato proprio per poter interagire di più con loro"
Questo uno stralcio dell'intervista:
Lo scorso anno avevate detto che la seconda stagione alla Roma sarebbe stata più complicata della precedente. Lo confermate?
Si, con i risultati della passata stagione le aspettative si sono amplificate. Sapevamo che la Champions League ci avrebbe tolto energie. Ma sono contento del nostro percorso, anche se recentemente abbiamo raccolto troppi pareggi. Preferisco guadare il lato positivo: abbiamo fatto qualcosa di buono, nonostante i tanti infortuni. Qui spesso si vede solo ciò che è negativo.
Allo stesso tempo, dopo la sconfitta a Torino con la Juve avevate detto che vincerete lo Scudetto...
Ci sono cose che si dicono in un determinato contesto. Noi guardiamo avanti e cerchiamo di riprendere la prima in classifica. Sappiamo che loro sono una grande squadra, abituata a vincere.
Quello Juve-Roma ha lasciato tracce?
Ha lasciato tracce positive, perché abbiamo dimostrato di poter competere per il campionato contro una squadra di quelle dimensioni. Abbiamo fatto una grande partita e perdere in quel modo ci ha lasciato un vero senso d'ingiustizia.
Quel sentimento di ingiustizia c'è ancora?
Spesso mi chiedono di quella partita, ma è comprensibile, no? Se mi chiedete qualcosa di quella partita, cosa volete che vi dica? Che abbiamo perso normalmente? Ah no, sono desolato! Devo dire la verità: quella sconfitta non ha avuto logica, abbiamo preso tre gol irregolari. Ma ora siamo in ritardo di 7 punti, non torneremo a parlare in eterno di quella gara.
Credete ancora nello Scudetto?
Naturalmente.
A cosa si è dovuto adattare dal suo arrivo in Serie A?
Qui c'è una maggior attenzione alla tattica. Qui si praticano diversi sistemi di gioco. Una settimana si gioca contro una difesa ha 4, la successiva contro una difesa ha 5. Una volta contro due attaccanti, una volta contro uno solo. C'è più varietà rispetto alla Francia.
Come lavora sulla tattica nel corso della settimana?
Cerco di variare, la mia settimana è sempre programmata in funzione della prossima partita, cosa che non è di routine. Quando ci avviciniamo al match cambio qualcosa. In generale, visto che i giocatori hanno bisogno di essere rassicurati, ci sono dei piccoli "rituali", specie prima della partita, che restano gli stessi. Ma a parte questo cerco sempre di variare qualcosa.
Fate ricorso ai video, come in Francia?
E' qualcosa di utile, ma cerco di non esagerare. La presentazione dell'avversario dura 10 minuti e anche le riunioni sono molto corte.Ho l'impressione che, quando sono troppo lunghe, i giocatori si deconcentrino. E cosi si perdono tutti i benefici. Poi, di solito grazie all'aiuto di Claude Fichaux, facciamo delle sessioni video individuali, specie con i più giovani, per spiegare loro cosa è andato bene e cosa no.
Non ha mai coinvolto parte della squadra nelle vostre scelte tattiche?
Si sa, i giocatori, se non gli viene chiesto nulla, difficilmente vengono a chiedere qualcosa spontaneamente. Quando si lavora, come dobbiamo lavorare questo pomeriggio, dopo l'allenamento non mi chiedono nulla! Queste sono le persone che applicano le mie istruzioni. Quando non è possibile farlo, mi piacerebbe che mi dicano: "Mister, non ho capito"".
Cosa si prova a gestire un monumento del calcio come Francesco Totti?
Non ha più 20 anni e si deve gestire, è difficile giocare sempre se si gioca una partita ogni tre giorni. Ma con lui è tutto più facile perché si mette allo stesso livello degli altri, è qualcosa di eccezionale. E' un ragazzo che si fa apprezzare, ha la battuta pronta e mette allegria nello spogliatoio. E non mi ha mai chiesto nulla.
Ha segnato una doppietta importante nel derby.
Francesco ha bisogno di toccare molti palloni, gli piace arretrare fino a centrocampo e può illuminare il gioco con un passaggio. Nel caso del derby perdevamo 2-0 e avevo bisogno di cambiare sistema. All'intervallo gli ho detto: "Resta in avanti e lascia la regia a Pjanic, così saremo più presenti nella loro area". Guarda caso ha segnato due gol! Negli ultimi 2-3 metri ha la capacità di fare la differenza.
E' importante avere un buon rapporto con giocatori come lui?
Con Francesco ci capiamo senza parlare, ci basta uno sguardo. Con lui mi trovo bene, se un giorno non sarà più così glielo dirò. La prima volta che ho parlato con lui è stato via SMS, quando mi sono presentato a tutti i giocatori, uno per uno. Non so nemmeno se sapesse chi fossi! E la prima volta che ci siamo incontrati gli ho detto che volevo vincere dei trofei insieme a lui.
Lei ha voluto anche Gervinho, che però al suo arrivo non ha raccolto consensi unanimi...
So perfettamente cosa può darmi un giocatore come lui, che conoscevo benissimo. Gervinho è l'esempio perfetto di tutto questo. Quando è arrivato qui molti erano scettici. Le sue caratteristiche sono la facilità di dribbling e la velocità, non puoi chiedergli di giocare a due tocchi.
Quale parte della gestione delle relazioni è il suo forte?
Direi la comunicazione all'esterno. Quando ho cominciato, e avevo una ventina d'anni, il tempo di lavoro si divideva per il 70% per la tattica e il lavoro sul campo e il 30% per la stampa e per le relazioni all'interno del club. Ora questo rapporto si è completamente invertito.
Giustamente la comunicazione è importante. E in Italia, dove la polemica è un arte, i media dicono che si è "italianizzato"...
Non può essere che un complimento. Se in Francia dicono a uno a straniero che si è "francesizzato" deve essere un complimento, no?
Avete la possibilità di lavorare in una città dove c'è molta passione per la Roma.
E' una passione smisurata e formidabile. I nostri tifosi sono stati straordinari quest'anno. Ho anche creato un account su Twitter per parlare direttamente con loro.
Segue anche qualcuno dei suoi giocatori su Twitter?
Qualcuno si, certo.
C'è anche chi si lamenta della partita il giorno dopo sui social network?
No, no (ride, ndr). Ma questi sono argomenti che affrontiamo nello spogliatoio. Dietro ogni giocatore c'è il club e i compagni di squadra. Non è semplice e li ho sensibilizzati su questo tema. Hanno il diritto di esprimere la loro opinione, non esiste alcuna censura, ma devono capire che non parlano solo a titolo personale, è come se indossassero ancora la maglia della Roma.
Prima che essere un allenatore, lei è un direttore delle risorse umane.
Esatto. Devi anche essere anche un po' psicologo per gestire al meglio il gruppo.
Non affronta i giocatori tutti allo stesso modo, vero?
Ovviamente no. Le regole sono uguali per tutti, ma parlando di relazioni, con un giocatore d'esperienza il rapporto è diverso rispetto a un giovane, che ha bisogno di essere seguito. Ma la maturità non è necessariamente una questione d'eta.
Ha mantenuto anche qui il "Consiglio dei Saggi"?
C'è però una vera differenza su questo punto tra Francia e Italia. In Francia i giocatori vogliono essere più coinvolti nelle decisioni. Anche qui ho voluto una specie di "consiglio dei saggi", ma non è nulla di ufficiale. Ci sono 5 giocatori con cui parlo di vari aspetti. C'è meno bisogno di giustificare una decisione, perché sono il mister e l'autorità dell'allenatore qui è qualcosa di più naturale.
E nel momento in cui i risultati erano negativi come ha gestito il gruppo?
Nel momento difficile, in termini di risultati, sono rimasto ancor più vicino ai giocatori, così erano più tranquilli e sereni. Al contrario, quando si vince è il momento in cui servono dei colpi di richiamo.
Quindi si deve sorridere solo quando si perde?
Non è qualcosa di ovvio ma più si è vicino al gruppo più i giocatori reagiranno nel modo migliore. A volte sento che il gruppo ha bisogno di trovare serenità. All'intervallo di una partita succede lo stesso. Quando sento che non sono lontani, non ho bisogno di alzare la voce.