
Un colpo di testa di Julio Baptista in avvio di ripresa consegna il derby a una Roma prudente e cinica. La Lazio reagisce solo nel finale quando, rimasta in dieci per l'espulsione di Ledesma, colleziona palle gol in serie senza trovare l'acuto vincente. Nel finale espulso anche Perrotta. Nella corsa al titolo più banale, in tanti non disdegneranno di definirla una "serata bestiale". La Roma vince il derby grazie a una zuccata di Julio Baptista tremendamente simile a quella con la quale Rocchi, 37 mesi fa, trafisse un Doni all'esordio in giallorosso. Stessa porta, quella sotto la Curva Sud, per il primo gol all'Olimpico del numero 19. Come Mancini cinque anni fa...
Ma analogie e ricorrenze finiscono qua. E la serata, pur straordinaria per emozioni e (soprattutto) risultato, consegna alla storia la Roma meno spallettiana di sempre. Solo le paure, e questo è un dato tristemente oggettivo, restano le stesse.
Rombo di centrocampo e addio al marchio di fabbrica di un'era: la profondità sugli esterni. Presa per mano da De Rossi e con un Totti in sera di luna calante, la Roma comanda il gioco nel primo quarto d'ora senza costruire di fatto occasioni degne di nota. Di contro la Lazio parte col freno a mano tirato, badando più a controllare l'impeto giallorosso che non ad offendere. Partire con i galloni da favorita, evento che dalle parti di Formello non si verifica da quasi un decennio, blocca in avvio la compagine di Rossi che solo nella seconda metà della prima frazione mette la testa fuori dal guscio. Ma paradossalmente è proprio in questo lasso di tempo che la Roma costruisce la palla gol più nitida, con un colpo di testa di Vucinic che chiama agli straordinari Carrizo. Sul fronte opposto Zarate si accende con colpevole ritardo, ben arginato da Panucci, e si fa apprezzare per una schiacciata di testa che non spaventa Doni.
Non è azzardato definirlo un derby "anni '90". Tanta la paura di sbagliare nella sera in cui ti accorgi che gli eroi non sono più Mancini o Batistuta, ma Brighi e Tonetto. Lavoro sporco ed anima operaia per evitare di essere risucchiati in un vortice senza uscita.
E il primo tempo scivola via così, tra una conclusione dal limite di Baptista che finisce dritta in curva Nord, una palla sporca che accarezza appena i piedi di Mexes e una battuta volante di Rocchi, tanto spettacolare quanto inutile.
Per cambiare l'inerzia del match urge un episodio. E questi si materializza dopo 360 secondi dall'avvio della ripresa, quando Baptista pettina il cross di Totti e rende vano il volo di Carrizo.
Il vantaggio trasforma il brasiliano da brutto anatroccolo a guerriero impavido. Accanto si muove un Brighi in versione zanzara, monumentale nel raddoppio in ogni zona del campo.
La Lazio si affida alle sporadiche folate di Pandev, che sfiora il pari con un destro dal limite in una delle rare occasioni nelle quali riesce ad eludere la sorveglianza di De Rossi.
Ledesma, già ammonito e graziato più volte da Rocchi (l'arbitro) decide allora di bloccare il crescendo baptistiano rifilandogli un pestone sulla caviglia col risultato di finire anzitempo sotto la doccia. Credere che l'episodio possa spezzare il match in due sarebbe un'offesa nei confronti del tifoso giallorosso: perchè nonostante la superiorità numerica, il centrocampo va in apnea, l'attacco si schiaccia sulla linea inferiore e Zarate fa ammattire chiunque gli capiti a tiro. Sono venti minuti infiniti, resi ancora più soffocanti dalla sostituzione di Panucci con Cassetti e dal rosso di Perrotta per un fallo sciocco a un battito di ciglia dall'inizio del recupero.
Dalla parte di Doni piovono fiondate in serie: fortuna, imprecisione avversaria, fato. Sta di fatto che la sfera non gonfia la rete e neanche i grossolani errori di Ménez cambiano il sapore di una serata che riconsegna, dopo 50 giorni, tre punti tutti insieme. Nulla di bestiale. Quanto basta per tornare a respirare e per evitare gli sberleffi di chi ormai, dopo 10 anni, ha perso l'abitudine a partire da favorito...