Tessari: "Liedholm scelse la capitale per vincere lo scudetto. La Roma mi piace, Fonseca è bravo e sa parlare ai calciatori"

07/11/2019 alle 02:13.
luciano-tessari

AS ROMA MATCH PROGRAM (F. VIOLA) - 9 novembre 1958, esordio della Roma in Coppa delle Fiere. Si gioca ad Hannover, a 300 km da Moenchengladbach, dove giovedì sera la Roma sarà impegnata nella quarta gara del girone J. Quella gara finì 3-1 per i giallorossi e in porta al 21’ del secondo tempo entrò Luciano Tessari al posto dell’infortunato Cudicini. Luciano Tessari, che da giocatore ha collezionato 63 presenze e poi con la Roma è tornato anche da allenatore, con Liedholm. Insieme hanno lasciato un segno, un segno forte, lo scudetto.

Tessari, cosa ricorda di quella gara in Germania?
“Fu una bella partita. Una vittoria importante perché il calcio italiano in quel periodo non andava bene all’estero. Giocammo bene e vincemmo con merito. Passò alla cronaca la prestazione eccelsa di Filippo Tasso, all’esordio. Era giovanissimo e fu lui a segnare il primo gol. Poi all’Olimpico pareggiammo 1-1 e passammo il turno, sempre con un gol di Tasso”.

Che ricordo ha del giovane Tasso che mise la firma nel doppio incontro?
“Non so bene che cosa avvenne, ma rimase solo quell’anno se non ricordo male. E in quella partita giocò davvero benissimo”.

Lei veneto, come mai scelse la Roma, per tre volte da giocatore, da allenatore e poi per la vita?
“La Roma ti entra nel cuore. Da giocatore andai via la prima volta perché la squadra venne sfasciata quando retrocedemmo in B. Io andai in prestito a Firenze, ma i miei compagni si fecero valere e tornarono in A a fine stagione. Tornai nellaCapitale, ma a fine stagione di nuovo valigie… destinazione Palermo. Solo un anno in Sicilia e poi tornai a Roma per un po’”.

Qualche giorno fa è stata ricordata la scomparsa di Nils Liedholm, il vostro fu un sodalizio iniziato al Milan e poi continuatonella Roma…
“Il più grande allenatore del mondo. Iniziammo nelle giovanili del Milan e poi vincemmo tanto. La Roma lo voleva, il presidente Viola mi chiamò tante volte per convincerlo e un giorno gli dissi: ‘Mister, qui ci sono Milan, , , Torino,vincono sempre quelli, penso sia molto facile vincere con loro, ma vuoi mettere vincere a Roma?”. Dopo un silenzio e una pacca sulla spalla mi rispose: “Andiamo a Roma a vincere lo Scudetto”. E non lo diceva per dire… era convinto”.

Veniamo ad oggi, la Roma giovedì giocherà in Germania. Che gara sarà?
“È una partita importante, che arriva in un momento positivo, sono certo che andrò bene. La Roma ha tutte le possibilità di superare il girone. Le altre squadre sono abbordabili e poi ha dalla sua il morale alto”.

Quanto conta il morale alto? La fatica si sente meno?
“Sì, certo le vittorie ti fanno sentire forte e pronto ad affrontare ogni nuova sfida. Tutti i giocatori rendono molto meglio e le gambe sembrano leggere. Sono allenati per giocare più volte a settimana, è la testa che va più veloce se sei in un buon momento. I giocatori sentono la gioia di un momento positivo, ed è la gioia che fa vincere i campionati. Come in tutti gli aspetti della vita, la gioia è lo sprone per fare bene”.

Che stagione stafacendo la Roma?
“Quando posso vengo sempre all’Olimpico e vedo una buona Roma quest’anno. Noto che ultimamente siamo molto migliorati nel dare la palla un po’ più in velocità. I tempi nel calcio sono molto importanti, c’è un momento in cui devi dare la palla veloce e altri in cui devi tenerla, a seconda delle azioni, insomma piano piano va sempre meglio. Non posso dire che siano perfetti perché perfetto non lo è mai nessuno, ma la squadra è ad un buon punto, ed è molto importante”.

Qual è a suo parereun aspetto su cui deve ancora migliorare?
“Hanno un solo piccolo difetto che li frena un po’: sono lenti nel disfarsi della palla. È naturale, tutti vogliono sempre avere il pallone addosso, come se fosse una fidanzata, non lo mollerebbero mai, ma velocizzare il gioco è importante, fa la differenza”.

Che differenze trova rispetto allo scorso anno?
“Non è cambiato molto, ma si respira un’aria diversa. L’ambiente qui a Roma vorrebbe che si vincessero tutte le partite, ma non è possibile, e poi diventa un handicap la pressione che c’è intorno alla squadra. I calciatori non sono fatti di legno, li puoi offendere fino ad un certo punto, quando vengono attaccati in pubblico perdono la loro tranquillità. Se i tifosi non supportano la squadra diventa difficile giocare, i giocatori non si sentono più sicuri e i fischi fanno ancora peggio. Il calciatore che non si sente considerato rende ancora meno, sbagliare è facilissimo, non è come gli altri lavori che quando sei stanco ti fermi e ti risposi prendendo un caffè. Inoltre, se trovano un ambiente contro, appena ne hanno l’occasione cambiano aria e se ne vanno a giocare in un’altra squadra. Oggi tutto questo non accade”.

Quanto conta l’appoggio dei tifosi?
“Quest’anno hanno fatto un passo avanti, è tanto che non li vedevo così vicini. I tifosi hanno una forza importantissima, quando tifano come si deve la squadra acquista un morale enorme, si sentono più forti e le cose vengono più facili. Cresce la forza di reazione anche nei momenti di difficoltà di una partita, che ci sono sempre. Nel calcio vinci se hai carattere, buon comportamento e forza fisica. Sono diversi fattori che devono funzionare, uno dietro l’altro. È la differenza tra una squadra grande e una normale”.

Cosa ne pensa di Fonseca?
“È un buon allenatore, conosce il calcio. Sa tenere bene i ragazzi, sa parlare loro, doti determinanti per un allenatore. La squadra è già sulla strada giusta seguendo le sue indicazioni”.

Da ex , qual è il suo giudizio su Pau Lopez?
“È il giusto per la Roma. È bravo. Ha la presa come pochi in Italia in questo periodo, mentre altri tendono a respingerla”.

Prima di salutarci… ci fa un pronostico?
“Al 99%, la Roma ce la farà”.