IL MESSAGGERO (A. ANGELONI) - «Stiamo lavorando per costruire una Roma che stia stabilmente tra le prime. Quando guardi alla Serie A da fuori, pensi alla Juventus: il nostro obiettivo è dire noi vogliamo essere in ogni Champions League per i prossimi 20 anni'. Dobbiamo costruire il sistema per stare sempre lì: essere primi il prossimo anno è il modo migliore per far contento qualcuno, ma non è quello per creare una squadra di livello mondiale», questo non esce dal canale ufficiale della Juventus, sono le parole di Jim Pallotta, anno 2013. Lontano anni luce dai tempi in cui Franco Sensi si rifiutava di trattare con Moggi, che per lui era solo un «impiegato», semmai voleva confrontarsi, da presidente, al massimo con Giraudo. Era il periodo della guerra fredda, retaggio degli anni 80, quelli di Dino Viola, e anche prima, quando il bianconero non si sposava mai con il giallorosso. Sensi si vide scippare dall'impiegato, che lavorava per lui, Paulo Sousa e Ferrara, che portò con sé alla Juventus. Poi, si vide sottrarre Emerson, affrontò il no per Davids.
DAI DISPETTI IN POI - Ogni trattativa era sudata, mai dal finale scontato. Oggi la Juve necessariamente è un modello, per i risultati e per la gestione aziendale. Un modello da rincorrere, con le dovute differenze di anima: il romanista non sarà mai amico della Juventus, per storia, per indole, per tanto. Ed è chiaro che se la Juve di Conte entra a Trigoria per fare un ritiro pre-Coppa, il tifoso si arrabbia. E gliene frega il giusto se Vucinic passa dalla Roma alla Juve, se Pjanic fa lo stesso, così come Luca Pellegrini. Szczesny ci è finito dall'Arsenal, ma non ha avuto certo una crisi di coscienza per essere finito dal nemico, che gli importa, a Roma ha giocato due anni ed è pure polacco. Come Boniek, che ha fatto il percorso inverso e per tanti anni è stato un odiatore della Juve di Moggi. Che dire poi di Spinazzola, che dal bianconero vestirà il giallo e rosso? Il feeling di mercato con i bianconeri va a scapito della vecchia alleanza con l'Inter, con cui anche nell'ultimi anni - e succedeva pure molto tempo fa - si erano scambiati affari comodi. Oggi con l'Inter ci si fa il dispettuccio: Dzeko, Barella, Florenzi. Da quando Conte ha parlato di «mancanza di condizioni» per allenare la Roma, la sensazione che qualcosa sia cambiato, peggiorato, c'è. Ed è forte. Le sponde con la Juve sono in piedi anche per i buoni rapporti tra Paratici, ds della Juventus, e Petrachi, ds della Roma.
QUALCOSA È CAMBIATO - In ballo ci sono Higuain in entrata, Zaniolo in uscita (oggi discueterà il rinnovo con la i giallorossi). E, appunto, quel Barella trattato dalla Roma, che pensa al suo bene ma pure a dare un dispiacere all'Inter di Conte (la Juve non si dispiacerà per questo, eventualmente, magari potrebbe rimandare Pellegrinini Sardegna). Barella oggi finisce con l'essere il pomo della discordia tra Roma e Inter. Togliere il calciatore ai nerazzurri non è impresa facile, ma rientra in questo meccanismo di giochi e alleanze. Che a Roma non sono mai andate di moda.