IL ROMANISTA (T. CAGNUCCI) - Nell’anno dello scudetto, un giorno, Francesco Totti andrà a pranzo insieme a Giuseppe Giannini. Nel momento più bello («Vedrai Roma che diventerà, che sarà, io ricordo l’anno della rincorsa finita col Lecce...») Francesco ricorderà quello più brutto: «Ora no, ma l’anno scorso c’è mancato niente. Non mi sentivo gratificato, anzi mi sentivo mal sopportato. Mi sono bloccato proprio sul dove, se in Italia o all’estero». Stava parlando di andare via. Andare via. Ogni volta che è successo, ogni volta che sembrava possibile, la risposta di Francesco è sempre stata un abbraccio più forte alla Roma. Più stretto. A se stesso.
Gli è sempre successo così, perché ha fatto sempre in modo che capitasse così. Nelle grandi e nelle piccole cose. Nei destini e nelle ripetute. Nel settembre del 2002 litigò in allenamento con Capello che lo rimproverò dicendogli: «Devi impegnarti di più». Totti rispose: «Basta! Ce l’hai sempre con me». Era la settimana che portava a Brescia: Totti quel pomeriggio segnò la sua prima tripletta. Totti è un tifoso e si è sempre comportato come tale: è lui che può, eventualmente, nel caso eccezionale e necessario, parlare male, fare una critica, dimostrarsi insofferente verso la Roma, ma nessuno mai si deve permettere di farlo. E se lo ha fatto, se mai lo ha fatto, è stato solo per il bene della Roma.
Ci fu una volta in particolare che fece parlare. Era l’8 giugno 2003 a Helsinki in Finlandia, dove Totti è un nome di battesimo (e viene veramente confuso con Babbo Natale) e dove è stato soprattutto una conferenza stampa, quella in cui disse: «Berlusconi quando avevo 14 anni mi voleva portare al Milan e poteva diventare il mio presidente. O potrebbe... Basta domande?». Poi uscendo dalla sala stampa, rivolgendosi ai giornalisti, solo un’aggiunta, per niente sottovoce: «Tanto il titolo lo avete già». Qui c’è tanto di Francesco. Scoppiò un casino. A guardare i giornali del giorno dopo viene da ridere, ce n’è uno che fece 12 pagine con tre supermega offerte alla Roma per Totti.
La «Gazzetta», invece, quasi si commosse. I tifosi della Roma, tanti, ci rimasero male, ma Francesco Totti lo doveva fare. Per smuovere la società, per scuotere l’ambiente, perché nell’indifferenza e nella rassegnazione ci muori. Forse non lo sai ma pure questo è amore. Ancora oggi qualcuno rinfaccia a Totti quelle dichiarazioni; «ma come tu hai detto che con la Roma andavi anche in C2 – perché lo disse, e lo disse perché è vero, ed è vero perché all’epoca in C2 ci giocava Giancarlo Pantano, l’amico vero – e poi parli di Berlusconi presidente?». Il fatto è questo. Dopo quella conferenza, incontrandolo, Ripani gli chiese: «France’ hai visto quello che hai combinato?». E lui: «Sì. Mo vedrai che casino monta, anche di più: bene bene è quello che volevo».
Non il capitano, non il giocatore, nemmeno il professionista, ma il tifoso Francesco voleva una Roma più forte: dopo quelle parole Sensi comprò in diretta Lucio, anzi no, meglio, Chivu, Carew e la Roma tornò a lottare per un tricolore giallorosso degli ultrà. Totti l’aveva detto apposta, ma non ci aveva mai veramente pensato di andare da Berlusconi. Totti scelse, anzi ha scelto perché ne paga le conseguenze anche adesso, di passare per non immacolato piuttosto che non aiutare la Roma. Avete presente il Cavaliere oscuro? O Cyrano? Il senso di un sacrificio, quello di abbassarsi per restare in alto, anche sputtanarsi per restare discreti e a un passo dai sogni più segreti? Avete presente quando l’essenziale è invisibile agli occhi? Forse non lo sai ma soprattutto questo è amore. Francesco Totti non ha mai voluto neanche un attimo lasciare la Roma.
Totti ha sempre detto no agli altri, anche quando gli altri si chiamavano Real Madrid, anche quando gli stava per dire sì. Ed è l’unico che l’ha fatto (metteteli in fila i giocatori impossibili da comprare che ha comprato il Real Madrid: Zidane, Kaká, Owen, Figo, Beckham, Cristiano Ronaldo, van Nistelrooy, Ronaldo...). Nell’estate del 2004 il Real Madrid gli offrì una maglia e un contratto, una maglia blanca fatta arrivare a casa con la scritta: «Totti». Era già tutto fatto, bastava infilarla. Francesco andò al Divino Amore. Sembrava un addio. Sembrava, lo dice pure Raul: «Sembrava potesse arrivare poi però le cose non sono andate così. Sarei stato onorato di giocare con lui, perché è stato uno dei migliori giocatori della storia. A qualsiasi squadra sarebbe piaciuto averlo». Sembrava. Seems madam, io non conosco sembra. Lui è sempre stato alla Roma.
"C’è stato un momento in cui avevo deciso di andare via da Roma, e la rotta era verso Madrid. Gli avevo pure detto praticamente sì. Ormai non avevo più un buon rapporto con la gente. Mi avevano etichettato come un giocatore normale, non ero mai decisivo, non ero il capitano ideale per tante persone. Personalmente mi ferirono. Poi ho parlato con alcuni amici, con la mia famiglia, mi hanno aiutato a capire, a ripensarci e a dimostrare ciò che avevo dentro, perché alcune volte non l’ho fatto vedere. Giocare con la Roma, essere il capitano della Roma, rimanere per sempre un giocatore della Roma, per me era un sogno. Un sogno che fortunatamente sono riuscito a realizzare. E la sfida è diventata più che fare bene a livello internazionale, fare bene con la Roma... Non dico che mi fossi già messo d’accordo con il Real Madrid, ma c’è mancato poco, molto poco. Anche perché il contratto era quello che era, era molto di più di quello che prendo qua. Però per me non si trattava di un fatto economico, altrimenti sarei andato subito a Madrid. Ho voluto dimostrare che non giocavo solo per i soldi, ma per amore di questa maglia".
Della sua vita, dei suoi cortili, della partitelle a Villa Scipioni, della prima maglietta di lana della Fortitudo, dei suoi amici, come suo cugino Pisolo. Un Angelo: "Se mi ha mai chiesto qualche consiglio? Una volta. Considera che a me piacerebbe vederlo alzare sette coppe all’anno, per quanto lo reputo forte. E allora quando in un periodo brutto che stava passando con la Roma gli arrivò un’incredibile offerta del Real Madrid io, col cuore stretto, gli dissi che avrebbe dovuto andarsene. Ma lui alla fine mi guardò e mi disse convinto: «Non gliela faccio. So’ troppo della Roma». Capito? Non «gioco nella Roma». No: «So’ della Roma»". Capito? «So troppo della Roma».
Le ha detto sempre sì, come ad andare di continuo a battere l’angolo dopo essere andato a riprenderti il pallone fuori dallo stadio. Le ha detto sempre sì dicendo no agli altri con quella costanza con cui si costruisce un rapporto che non è per niente scontato, anche se può essere stanco. Totti è l’amore, non l’innamoramento della Roma. Le ha detto sempre sì dicendo no alla Lazio, al Milan due volte, alla Sampdoria, al Real Madrid, a ogni prurito e a ogni necessità di cambiamento. Ha litigato, è rimasto zitto, ha ingoiato, fatto finta di niente, sublimato, è sbocciato, s’è tenuto i capelli corti e lunghi, la fascia, la fascetta e l’elastichetto, fino ad avere consapevolezza anche della sua bellezza, ma le ha detto sempre sì. Lo ha fatto dicendo no. E c’è un no più grande di tutti gli altri, più bello, più dolce, più vero, più strano, più sincero "La Smit era affiliata alla Roma e ci capitò di andare a giocare a Trigoria, nel torneo Primi Calci, quarti di finale, fino alla finale. Francesco gioca per la prima volta su un campo d’erba, fa stravedere ma gli altri osservatori della Roma dicono: «Questo è bravo ma ha il polpaccio già sviluppato e la gamba lunga, non crescerà». La Roma non si interessa, non se lo prende subito (…) A lui tocca giocarci contro e non vuole, tanto che entra nel secondo tempo al posto di un certo Faiella. È la prima volta nella sua vita".
Questo è il tabellino della partita più romantica letteralmente mai giocata:
Roma: Della Longa, Placidi, Moretti, Anastasi, Giacobbi, Petruzzi, Muzzi, Statuto, Cicchetti, Luciani, Aiello, Ballarini, Berretta, Pagnotta. All. Barbanti. Smit Trastevere: Massaro, Ceramici, Taddei, Dattilo, Faiella (TOTTI), Roscioli, Altomare, Lalli, D’Amico (Danzi), Corelli, Cacciofeste (Squadroni). All. Ceramici
Marcatori: 21’ e 27’ st Anstasti, 33’ Placidi, 39’ Cicchetti.
Francesco Totti da ragazzino non ha voluto giocare contro la Roma. Non c’è nessun no a qualsiasi Real Madrid che tenga, non c’è no a qualsiasi cifra offerta al confronto. Un no del genere tiene insieme tutti gli altri no del mondo, li annulla, diventa un sì. C’è chi dice no, ma qualcuno che dica sì in questo modo non c’è più. Francesco Totti da ragazzino non ha voluto giocare contro la Roma, e così è come averlo fatto prima di andarci a giocare, come quella partita all’esordio prima dell’esordio, il suo essere pre-destinato. D’altronde è così che l’hanno preso. L’essenziale è invisibile agli occhi. «Non giocai, mi misi a palleggiare con mio cugino Angelo. Mi hanno preso là senza giocare». Francesco Totti non gioca contro la Roma. Francesco Totti non gioca con la Roma. Francesco Totti è della Roma.