Dai primi calci al pallone tirati sui campi della scuola del Pedro Lozano di Villa Devoto, quartiere di Buenos Aires, al supergol con cui ha steso il Palermo nella 'prima' con indosso la maglia della Roma. Sono bastati appena 8 minuti ad Erik Manuel Lamela per rendere indimenticabile l'esordio nel calcio italiano. Il 19enne argentino ha
D'altronde, il capitano aveva speso belle parole per il giovane talento sudamericano ancor prima di vederlo debuttare: «È un giocatore che può fare la differenza, ha le potenzialità per riuscirci - l'opinione di Totti su Lamela -, ma è giovane e dobbiamo farlo crescere con tranquillità perchè Roma è una piazza importante, difficile. Erik mio erede? Lo spero, magari. Avendolo già in casa sarebbe una fortuna». E fortunata, e brava, è stata la Roma a puntare forte (con un investimento complessivo da quasi 20 milioni di euro) su un giocatore inseguito da tempo dai maggiori club europei (nel novembre 2010 è stato visionato a lungo anche dal Milan). Non a caso il Barcellona - dopo averlo visto all'opera a 12 anni in un torneo in Galizia, in cui fu premiato alla fine come miglior giocatore - aveva provato a strapparlo al River Plate tentando la famiglia con un contratto da 120 mila euro l'anno più altri 8 mila provenienti direttamente dalla Nike.
Il River convinse però i Lamela a restare in Argentina offrendo una borsa di studio ad Erik e ai suoi due fratelli, Axel e Brian, e cedendo al padre una percentuale sulla futura vendita. «Ho fatto bene perchè sono rimasto a giocare con i miei amici, e la mia famiglia è rimasta unita», il giudizio a distanza di anni. Proprio la famiglia, assieme alla passione per il calcio, è la cosa più importante nelle vita di Erik Lamela. I genitori Josè e Miriam, assieme ai fratelli e alla fidanzata Sofia Herrero, si sono trasferiti nella Capitale per non farlo sentire solo e per farlo ambientare nel minor tempo possibile. E il ragazzo li ha ripagati dedicando loro il bellissimo gol realizzato al Palermo. «Forse ha preso qualcosa da me, anche se io sono destro mentre lui è mancino», ha detto in una intervista concessa in patria il padre, ex giocatore negli anni '80 e soprannominato 'il Panettiere' per l'attività di famiglia aperta dal nonno di Erik, Manuel.
Più curiosa invece la storia legata al soprannome del figlio: «Quando era piccolino mia moglie lo vestì tutto di jeans ed un nostro domestico gli disse che sembrava un 'cocoritò. Da allora è stato per tutti el Coco». Da allora, però, Erik è cresciuto tanto non solo fisicamente («30 cm tra i 12 e i 16 anni»), ma anche di testa. «Lo trovo più concentrato e maturo» le parole di papà Josè. Sembrano lontani insomma i tempi in cui Lamela veniva punito a scuola perchè rispondeva male agli insegnanti. Forse anche per merito della fede: «La mia vita è cambiata. Ho trovato molta pace e tranquillità. Imparo a perdonare». Questo non gli impedisce però di mettere in campo tutta la sua grinta, tanto che De Rossi lo ha subito etichettato come «bravo e tignoso».
Ma anche 'stiloso'. Lamela infatti è un ragazzo molto attento alla propria immagine (taglio dei capelli sempre curato, vestiti alla moda, brillanti ai lobi delle orecchie), con una passione per i tatuaggi, le belle macchine e i social network. I profili su twitter e facebook gli servono per tenere aggiornati i fan e comunicare con l'esterno, come all'esordio: «Molto felice perchè ho iniziato a giocare e anche di più perchè abbiamo vinto. Forza Roma!». E chissà che i problemi fisici di Totti (il cui rientro potrebbe slittare a dopo la sosta, in occasione della gara col Lecce) e Pjanic (gli accertamenti non hanno per' evidenziato alcuna lesione muscolare) non regalino al 'Coco' un'altra giornata da protagonista in quel di Genova.
(ansa)