RADIO SEI - Il segretario regionale dellUdc, Luciano Ciocchetti, è intervenuto nel corso della trasmissione "Sei Volte Buongiorno", ed ha fatto il punto sulla tematica degli stadi di proprietà di Roma e Lazio. La legge attuale non consentirebbe la realizzazione degli stadi di Lazio e Roma rispettivamente sulla Tiberina e alla Monachina, il disegno di legge passato in Commissione Istruzione del Senato scavalcherebbe i vincoli della Sovrintendenza, ma così comè non passerà mai in Commissione Cultura alla Camera. Per trovare unintesa serve istituire una conferenza di Servizi, prodromo di un accordo di programma che vedrebbe coinvolte tutte le parti interessate.
Ciocchetti ha poi proseguito sottolineando che "una volta approvato in sede di conferenza servizi laccordo di programma, la normativa attuale stabilisce che il voto finale sia appannaggio del Consiglio Comunale capitolino, se la legge in discussione passasse invece lassenso ultimo spetterebbe alla Giunta Comunale guidata da Alemanno. In secondo luogo, attualmente in Conferenza di Servizi un parere contrario della Sovrintendenza sarebbe vincolante, con la nuova normativa basterebbe una votazione a maggioranza semplice per superare gli eventuali vincoli posti dalla Sovrintendenza.
Conosco Lotito, sono romanista e sono consapevole dei sacrifici fatti dalla famiglia Sensi. Entrambi sono portatori di interessi legittimi, ma la verità è unaltra: nessun club, compresi quelli capitolini, può costruire stadi senza farci attorno un milione di metri cubi di case. Per capirci chiaro, se lo stadio insiste su 200.000 mc, il resto del progetto tra edilizia, centro commerciale e alberghi vari tocca quota 1,5 milioni di mc. Ma a chi spetta decidere lo sviluppo di una città? Ai privati o agli amministratori eletti dai cittadini.
Il disegno di Legge il 13 ottobre è stato votato in Senato in sede legislativa grazie al voto unanime di tutti i capigruppo. Nella forma attuale non passerà alla Commissione Cultura della Camera perché il sottoscritto, i qualità di capogruppo lo boccerebbe, negando la possibilità di deliberare in sede legislativa.