ROMA CHANNEL - Queste le parole del nuovo mister giallorosso, Claudio Ranieri, al canale tematico giallorosso, dopo il primo giorno di lavoro a Trigoria e la relativa presentazione. Ranieri torna a Roma dopo un lungo percorso. "Ce ne ho messo di tempo. Si dice che tutte le strade portino a Roma, ma evidentemente il mio navigatore era rotto".
Ranieri torna a Roma dopo un lungo percorso.
"Ce ne ho messo di tempo. Si dice che tutte le strade portino a Roma, ma evidentemente il mio navigatore era rotto".
In conferenza ha detto che ancora non si è reso conto di quello che gli è successo.
"Due giorni fa non sapevo niente. Di punto in bianco torno a casa senza preavviso. Una telefonata che ti cambia la vita. Ho dentro tante emozioni. Sono andato subito indietro con i ricordi: quando andavo alla sede della Roma a Viale Tiziano che poi si spostò a via del Circo Massimo, il provino con Herrera che mi prese... Insomma c'è tutto di me. Per cui potete immaginarvi quello che ho dentro".
Allenare la Roma per lei sembra la fine di un bel romanzo.
"Certo. Sono i sogni di un bambino che dalla curva Sud si ritrova sul terreno di gioco. Faccio questo mestiere per le emozioni che ti può dare il calcio, sia in positivo che in negativo. Per me ora è tutto doppio. La gente mi vede molto ordinato, ma quando perdo dentro mi incazzo. E' normale. Non lo faccio vedere anche se si vede quando sono contento".
Telefonate da Testaccio sono arrivate?
"Tantissime. Sto ancora rispondendo ai messaggi di ieri. Mi scuso ma non ho tempo nemmeno per riposare, soprattutto nei primi giorni".
Sua mamma ci diceva che deve ancora abbonarsi a Roma Channel.
"Sì, ieri mi ha subito detto di cambiare Juve Channel con Roma Channel. Mi vede in campo e sta tranquilla".
La sua prima sensazione su Totti e De Rossi?
"Positiva. E' come un po' nei primi giorni di scuola. Loro studiano me, io studio loro. Gli chiederà di capirmi e io mi sbrigherò a capire loro, dovrò trovare le chiavi giusto per ognuno di loro".
Che ambiente ha trovato?
"Se c'è un cambio di allenatore è perché qualcosa non quadra. C'è un ambiente depresso e che ha perso fiducia. Manca la voglia di reagire. Dobbiamo reagire insieme e subito. Dobbiamo subito svegliarci".
A Roma poi c'è un ambiente particolare...
"Sì, questa è la vita di Roma. Roma è unica. Devi imparare a capire il romano. Devi saper accettare le prese in giro. Ogni partia ha una storia diversa con delle insidie diverse".
La vittoria più bella della sua carriera?
"E' difficile estrapolare questa o quest'altra. Sono un allenatore che parte dall'Interregionale... A me non ha regalato niente nessuno. Io non sono stato un grande campione, tale per cui dall'oggi al domani mi danno una partita di serie A. Io me la sono sudata. La serie C, la Coppa Italia di serie C, ho vinto la serie B, sono arrivato in serie A. Mi sono messo in gioco. Mi ricordo che in tre partite, in dieci giorni, demmo dodici gol al Barcellona di Van Gaal che aveva Figo, Rivaldo, Kluivert. Sono tanti i ricordi belli. Nella vita di un allenatore, di un atleta, ci sono momenti belli e meno belli, ringraziando Dio ciò che ci resta sono i momenti belli. L'uomo ha bisogno di esperienza, di confrontarsi. Poi sbaglia: chi non sbaglia è un po' troppo pieno di sé, e non mi sembra intelligente. Poi c'è chi lo ammette e chi non lo ammette, ma sbagliamo tutti quanti. L'esperienza serve per migliorarsi, purtroppo comincio ad avere molta esperienza però è un buon segno".
Ancora niente moduli? Lei ha giocato con diversi moduli.
"Un allenatore nel momento cruciale vuole solo vincere. Per cui mette in campo le sue convinzioni. Ricordo che al Napoli, la squadra era organizzata per giocare come se ci fosse sempre Maradona. Non c'era altro da fare, e io provavo a cambiare. Io scommisi su un ragazzino che si chiamava Zola e quella squadra ricominciò a volare. Io non sono uno che dice: "Faccio il 4-3-3 e c'è solo quello". Vediamo quali sono i giocatore e in quale stato di forma sono. A me piace cambiare. Il discorso è se, quando si cambia, la resa è la stessa: allora che cambi a fare...? Devi capire quanto la squadra si abitua a cambiare. Non ci sono moduli vincenti, ci sono giocatori vincenti. I moduli sono tutti belli, ma tutti i moduli hanno un pro e un contro. L'importante è sapere quali sono i pro e quali i contro e correre ai ripari. E sapere con quale modulo si esprimono meglio tuoi giocatori, poi continui su quella squadra".
Vucinic?
"E' un attaccante di grande livello tecnico, vedo che si esprime molto bene sulla fascia sinistra perché ama saltare l'uomo e rientrare, e trovare la porta di faccia. Ognuno di loro ha caratteristiche precise. La squadra è squadra, però. Non uno sport individuale. Bisogna vedere se nel contesto di squadra, Vucinic, pur perdendo il 10%, ti dà un 40% in più per la squadra, altrimenti Vucinic giocherà in un'altra posizione".
Menez?
"So che giocatore sia, da prima che lo prendeste. Grande genio, grande fantasia, grandi lampi. Bisogna saperlo aspettare, non possiamo fare come si è fatto con Henry o Vieira che arrivano e poi si mandano via. Questi sono elementi validissimi. Il campionato italiano non è il più bello del mondo, è il più difficile. Immaginate un giocatore in Francia, dove il campionato è simpatico, giocano tutti aperti, per vincere, livello tattico non esasperato, immaginate un ragazzo che viene proiettato nel campionato più difficile del mondo. Il giovane deve rendere. Menez ha mezzi incredibili, bisogna saperlo portare su, saperlo aspettare, saperlo far crescere. E' un talento naturale. E' importante che capisce che in Italia la continuità è la cosa più importante".
Una Roma testaccina.
"Quando ho cominciato a giocare, facevo il centravanti. Poi non segnavo e mi sono messo dietro visto che due "botte" le davo. Mi ci misi io e poi Tessagli mi spronò. Con Herrera continuai. E così, anche la Roma dovrà essere aggressiva, determinata, non deve mollare mai: così piace alla gente. Poi puoi anche perdere ma dopo che hai tirato fuori il sangue".