LA REPUBBLICA - Tutto nel segno di Balotelli. Anche grazie a un suo gol si chiude il discorso al vertice del campionato, ma il tifo razzista contro di lui a Torino apre un nuovo capitolo.
1. Peccato che Moratti non fosse a Torino e quindi non potesse ritirare la squadra. Un segnale forte sarebbe servito. Così, si prende atto che l'arbitro, in sintonia col delegato all'ordine pubblico, può sospendere la partita per uno striscione razzista non rimosso, ma per cori razzisti no. Per un bengala, un petardo sì. Per cori razzisti no. L'arbitro può segnalare i cori nel suo referto. In genere scatta una multa (cifre ridicole, poco più d'un buffetto sulla guancia).
2. Il razzismo negli stadi non è un male solo nostro, è diffuso in Europa, e per l'Uefa e per Platini che la dirige questa è una battaglia da vincere. Occorre cambiare le regole al più presto e dare più armi agli arbitri (che palesano spesso improvvise sordità). Occorre inasprire le sanzioni, da quelle economiche (che si possono destinare a campagne d'educazione) a quelle sportive. Inasprire significa non aver paura di stangare: in caso di recidiva, passare dalla chiusura dello stadio alla partita persa alla penalizzazione in punti all'esclusione dalle coppe europee.
3. Balotelli farà 19 anni in agosto. Ha atteggiamenti da bullo, non rispetta nessuno (cosa che piace a Mourinho, ma dovrebbe preoccuparlo), deve imparare a muoversi da professionista e a non sprecare il suo talento. Siamo in tanti a sperare che chi gli è più vicino (la famiglia, qualche compagno di squadra anziano) gli faccia capire cose giuste, atteggiamenti più sereni. Balotelli ha la vocazione, può anche fare a meno della provocazione, sempre che non sia un atteggiamento spinto di legittima difesa. E comunque niente di tutto questo giustifica mezzo stadio a urlare di tutto a un ragazzo che ha, nella visione idiota degli urlatori, non una colpa ma due: ha la pelle nera ed è italiano, gioca in Nazionale Under 21 e presto, secondo molti osservatori, arriverà alla Nazionale maggiore. Le banane e il verso della scimmia in Inghilterra li portarono negli stadi i seguaci del National Front quando Viv Anderson e John Barnes, neri, indossarono la maglia della Nazionale.
4. Non esistono negri italiani, questo era uno degli slogan a Torino. La polizia indaga e qualcosa troverà, con tutte le telecamere a disposizione. Troverà (a disposizione anche su Facebook, in molti blog di tifosi) il solito ciarpame promosso a ideologia: qualche svastica, qualche ritratto di Hitler e di Mussolini, molto odio da rovesciare addosso al prossimo. Si porta nello stadio quello che si respira nelle città (non solo in periferia). Lo stadio dà un'eco più vasta, altro che picchiare il cingalese che vende fiori, e si rischia meno.
5. Chi prova a cambiare qualcosa (in meglio) dei riti da stadio, viene additato come un utopista, se non un *** (parlo della Fiorentina). A me sarebbe piaciuto vedere un giocatore della Juve, uno, non pretendo tutti, fare un segno alle curve: adesso basta, piantatela. Sarà per la prossima volta, forse.
6. Il Milan (impressionante Inzaghi) dilaga col Torino e raggiunge la Juve al secondo posto. Le sconfitte di Genoa e Fiorentina ridanno fiato alla Roma, che col Lecce vince grazie a un rigore inesistente. Brava l'Udinese, reduce da un'eliminazione da crepacuore, giovedì col Werder, eppure bella ed efficace con la Fiorentina. Bravo il Chievo, 13 punti nel girone d'andata e già 21 nel ritorno: due gol di Pellissier anche a Siena. La Reggina, che vince sul campo di un'Atalanta turbata dalle voci di mercato, tiene accesa una piccolissima speranza.