Da Pandolfi (quello meglio di Totti) a Vampeta. Viaggio nei bidoni di mercato

05/01/2009 alle 16:13.

IL MESSAGGERO (FERRETTI) - Troppo facile, pensando agli affari nel bidone, fare i nomi dei romanisti Fabio Junior e Roberto Trotta oppure dei laziali Esteban Nicolas Gonzalez o Djair Kaye de Brito, senza trascurare i milanisti Andreas Andersson e Samir Beloufa fino agli juventini Zoran Ban e Athirson. Questi sono autentici portabandiera delle sòle arrivate in Italia negli ultimi anni: giocatori che sono stati pagati un botto e accolti con tutti gli onori, che hanno fallito in fretta e che sono stati accompagnati all’uscita senza neppure una stretta di mano.

La storia del campionato italiano, del resto, è ricchissima di pipperi scatenati, con alcune società che (statistiche alla mano) sul mercato estero hanno dato il peggio di loro stesse, con una puntualità e una continuità al di sopra di ogni sospetto. Il Perugia di Luciano Gaucci, ad esempio, a metà abbondante degli Anni Novanta, e pure dopo, ha portato in Italia una marea di calciatori sconosciuti (ma il cinese Ming You Ma quanti anni aveva in realtà? E Ahn Jung Hwan, il coreano, perchè non è stato mandato via prima?) e scarsi all’ennesima potenza.

Tra questi è indispensabile ricordare Fernando Daniel Pandolfi, attaccante argentino detto El rifle, il fucile, piombato a Corso Vannucci nell’estate del 1997 direttamente da Buenos Aires. Pandolfi, 23 anni, prima di arrivare in Italia giocava nel Velez Sarsfield, cioè nella squadra che fino a pochi mesi prima era stata allenata da Carlos Bianchi, convocato nell’estate del 1996 sulla panchina della Roma. Di fatto, fu proprio Bianchi lo sponsor italiano del fucile perchè il tecnico, appena arrivato a Roma, ebbe la brillante e arguta idea di assegnare a la maglia numero 17. «In Argentina, la maglia numero 17 del Velez l’avevo data a un giovane trequartista con buone qualità, si chiama Pandolfi: dato che anche è giovane, quella deve essere la sua maglia», le parole di Carlitos. Non solo: dopo pochi mesi di Trigoria, Bianchi entrò nell’ordine di idee di cedere perchè non lo reputava adatto a giocare nella Roma. E al presidente Franco Sensi aveva già consigliato il trequartista da prendere per sostituire l’attuale capitano giallorosso, miglior giocatore della Roma di tutti i tempi. Il nome? Pandolfi.

Fortunatamente, Sensi non gli diede retta; anzi, dopo poche settimane lo cacciò. Pandolfi, comunque, nell’estate successiva arrivò lo stesso in Italia, al Perugia di Attilio Perrotti. Prese in affitto una villa a Lacugnana, mise subito le cose in chiaro, «faccio pochi gol, ma ne faccio fare tanti», segnò due reti al in Coppa Italia scatenando l’entusiasmo di mezza à, poi pian piano sparì dalla circolazione. E così prima di Natale quello più bravo di venne messo alla porta. Pandolfi rientrò a Buenos Aires per le feste e non tornò mai più a Perugia. El rifle (scarico...) continuò a giocare in Argentina qualche altro anno, prima di mettersi a suonare in un complessino rock.

All’Udinese via via ne hanno viste di tutti i colori e di ogni tipo nazionalità (chi ha dimenticato Renny Vega o Marcos Paulo) come al (il mitico Miura o Marius Sava hanno fatto storia...) o al Torino (Veldin Karic e Pedro Pablo Malinarich, chi erano costoro?). Ma anche i grandi club, come detto, non sono esenti da colpe. Prendete l’Inter del presidente Massimo Moratti, uno abituato a metter mano senza indugi al portafoglio. Nell’estate del 2000, ad esempio, per 30 miliardi di lire Moratti prese dal Corinthians il brasiliano Marcos Andrè Batista Santos, detto Vampeta, un mix tra vampiro e capeta, che in portoghese vuol dire diavolo. Con la maglia nerazzurra, Vampeta, che aveva posato nudo per una rivista brasiliana per omosessuali, giocò una sola partita, e manco intera, quella di Reggio Calabria che portò Marcello Lippi alle dimissioni.

Otto anni dopo la sua storica rete all’Argentina, Italia 90, la Sampdoria ingaggiò dall’America di à del Messico il camerunense François Oman Biyick, che - in pessime condizioni fisiche - si segnalò per non indovinare neppure una giocata. A Firenze si stanno ancora chiedendo chi aveva preso, estate del 1988, quel fenomeno di Diego Vicente Aguirre, attaccante uruguaiano destinato (sulla carta) a sostituire Ramon Diaz: venne cacciato da Sven Goran Eriksson prima dell’inizio del campionato per far posto a Roberto Pruzzo, che aveva dieci anni più di lui. A Empoli nessuno ha dimenticato il fantastico Cop (pronuncia Ciop), aspirante campione croato arrivato nell’estate di venti anni fa dalla Dinamo Vinkovci: non giocò mai, però divenne lo stesso un idolo dei tifosi empolesi che al “Castellani” non facevano mai mancare lo striscione “C’ è Ciop, ci manca Cip”. Ecco, meglio ridere... A , la à di Diego Armando Maradona, non hanno ancora mandato giù l’acquisto del francese William Prunier, estate del 1997: pelato, macchinoso, Prunier venne impiegato tre volte poi Bortolo Mutti, l’allenatore, lo depennò dalla lista dei titolari dopo il seiadue beccato all’Olimpico dalla Roma, con tre gol di Abel Balbo, l’uomo marcato (marcato?) dal francese.