Totti per tutti

05/03/2013 alle 10:02.

LA REPUBBLICA (F. BOCCA) - Il primo gol al Foggia sembra appartenere alla preistoria: lancio di Thern, uno dei tanti stranieri che in Italia hanno trovato il paradiso, sponda di Fonseca, Totti che irrompe, col numero 9 sulla maglia, e con una botta di sinistro fa gol a Francesco Mancini (il portiere poi morto all’improvviso lo scorso anno mentre lavorava nello staff di Zeman a Pescara).

 



Da allora a oggi, ora che il capitano ha raggiunto nientemeno che il Pompierone Nordhal - un fisico possente, un mito del Milan, una specie di Shrek degli anni ’50 - a quota 225 gol nella classifica dei marcatori di serie A, sono passati 18 anni e mezzo. Basta guardare quella classifica per capire che il rigore (invero fasullo...) segnato al ha fatto la storia: Piola, , Nordhal, Meazza, Altafini, Baggio, Hamrin, Signori, Del Piero, Batistuta nelle prime dieci posizioni.

 
I gol sono cresciuti di anno in anno, di settimana in settimana, come tutto ciò che fa storia e addirittura leggenda: i no al Real Madrid e ai grandi club, il mondo chiuso tutto dentro la Roma e dentro Trigoria, un amore reciproco e totale, quasi ossessivo, gli amici del quartiere ormai diventati migliaia, i tifosi, l’idolatria, gli striscioni, le bandiere, i tatuaggi di simboli e gladiatori, le barzellette, le battute acide o spiritose, la generosità sincera verso tutti, la tipica smorfia da partita, i tunnel, i gestacci, i calci dati e soprattutto quelli presi, le fratture delle ossa, le viti nelle caviglie, i cucchiai, gli sputi, i soldi, i contratti, i soprannomi, i sorrisi, i figli che adesso corrono ad abbracciarlo in campo, Ilary e tutta la famiglia in tribuna. Per non rinunciare a tutto questo i gol sono stati molto, molto di più delle vittorie sempre attese, sempre sperate, sempre sognate.



Il 27 settembre - lo stesso compleanno di Claudio Gentile e Jovanotti - gli anni diventeranno 37, sempre meno tempo per vincere e soprattutto per fare gol. Ne servono altri 49 per arrivare sul trono del laziale Piola. Serviranno altri allenamenti, altri sacrifici, altre diete per sorreggere il fisico già provato. E poi chissà, magari dopo tutto questo, davvero si arrenderà a una sit com con Ilary: “Casa ”, sul modello di Sandra e Raimondo Vianello.

Per le mani e per i piedi di è passata più storia della Roma, che dalla sua stessa fondazione all’esplodere del fenomeno calcistico, mediatico, sociale, popolare del capitano col numero 10. Da quel primo gol a oggi sono passati 15 allenatori, 16 se si considera l’esordio con Boskov (Mazzone, Carlos Bianchi, Liedholm, Zeman, Capello, Prandelli, Voeller, Delneri, Conti, Spalletti, Ranieri, Montella, Enrique, Zeman, Andreazzoli). ha faticato come Sisifo per uscire dal Raccordo Anulare persino nella Roma stessa, soprattutto quella attuale, ha dovuto più e più volte ridimostrare e riconfermare la propria leadership - ma il suo genio è ormai storicamente riconosciuto.



«Non ci avevo capito niente, trattavo col padre, e invece gli altri con la madre » ha detto Galliani. Capello, con cui ha vinto l’unico scudetto della sua vita, lo ha sempre definito un Rivera moderno: «Ha risorse inimmaginabili, col tempo ha perso velocità ma aumentato astuzia e intelligenza». Il poderoso e spettacolare gol alla dimostra che il talento e il fisico ancora stanno bene insieme. Per Lippi, con cui ha vinto il mondiale: «E’ il miglior giocatore degli ultimi vent’anni».



Corre per il titolo di più grande del dopo guerra, lottando spalla a spalla con Baggio e i grandissimi del passato.Unico nel suo genere, giocatore nel senso più assoluto. Fa i gol senza essere un centravanti, addirittura ha fatto il non-centravanti, il ruolo un po’ folle e geniale che costruì per lui Luciano Spalletti. è ormai il panda del calcio italiano. Dato l’addio Maldini, andato via Del Piero, è rimasto l’ultimo: una vita, una squadra. Per il calcio di oggi, dove i grandi inseguono contratti e vittorie, un assurdo.



Detesta il soprannome , ma con quello amici e colleghi - da Del Piero a Cannavaro gli hanno fatto i complimenti per il traguardo raggiunto. Anche il presidente Lotito si è congratulato, dopo una leggera smorfia: «
Ma lo chiedete proprio a me che so’ laziale?» e i gol di sono ormai un’istituzione pubblica, i palazzi popolari della Garbatella ricoperti di sue immagini. Un murales di dell’epoca scudetto (2001) al Rione Monti a novembre è stato sfregiato di scritte (laziali): è stato restaurato a spese della comunità.