Il fotogramma

17/02/2011 alle 10:00.

IL ROMANISTA (P. MARCACCI) - Tutto quello che è mancato, ce l’ha detto lui; non nel dopo di una selva di microfoni ma nel durante dell’ennesima serata psicopatologica, puntellata da impennate di talento che ogni tanto interrompevano il nichilismo di chi ha rinunciato a ritrovarsi ancora prima di essersi perso.

Ha suggerito, dribblato, provato ad impostare e cercato la rifinitura sontuosa, come quel tacco

da fondo campo a beneficio di Menez; concluso in porta di rabbia e cattiveria ma mai di frustrazione perché è stato l’ultimo ad arrendersi e nel roveto dei fischi siamo sicuri che lui neppure un graffio abbia riportato, perché chi fischia per troppo amore sa anche riconoscere chi dai fischi va protetto, perché non vi può essere disapprovazione verso chi s’arrende solo alla fine e lui non ha abbassato la testa, mai, mentre tutt’intorno la
Roma scivolava, cadeva all’indietro, trotterellava nei riscaldamenti, mugugnava risentita, non tratteneva palloni balneari, accusava capogiri di malessere e sfortuna. Non siamo nessuno per dare consigli, possiamo a malapena dire la nostra e allora lasciateci dire che quando il presente è desolazione e il futuro una nebulosa di sogni, bisogna ripartire dalle certezze che si hanno, se ancora se ne hanno: la nostra si chiama e dopo ieri speriamo sia chiaro a tutti che non è un tributo alla memoria: è una sentenza del campo.