Post Match - Quel “viziaccio” di costruire dal basso

15/02/2021 alle 13:17.
pmcostru

LAROMA24.IT (Mirko Bussi) – Il tema del momento calcistico è: come mai le squadre, sempre di più, si complicano la vita a costruire dal basso? Lo scontro, che ha contorni quasi generazionali con ex giocatori e allenatori ad infoltire la schiera dei conservatori per difendere il "loro" calcio, è tornato ad infuocarsi dopo gli errori di contro il Manchester City.

Quel “viziaccio”, com’è stato definito nella telecronaca italiana, di voler partire dal basso. Quei passaggetti, neanche passaggi, dentro la propria metà campo, persino nella sacra area di rigore, a sostituire un benedetto calcione dove meglio capita. Non basti ricordare che quel Liverpool di era considerato, all’inizio di questa stagione, tra le squadre più forti del globo conosciuto proprio per quanto mostrato ultimamente. Che da tre lustri, almeno, il calcio è stato rivoluzionato dall’ascesa spagnola, con la quale tutti, in forme e tempi diversi, hanno dovuto riaggiornare i propri sistemi. E che, nel 2021, sempre più allenatori, tra i professionisti maggiormente precari, scelgano di partire dal basso per ottenere risultati, prima che gradimenti, gli unici a poterne prolungare la temporanea carriera. Ma siamo in Italia e qui, forse, ancora per un po’ sarà culturalmente ritenuto più accettabile perdere come ha fatto la a .

Se apprezzare la costruzione dal basso, categoria nella quale si inseriscono una serie sterminata di gradazioni, è questione di gusto, ignorarne i motivi che ne hanno favorito la diffusione di massa è perdere di vista l’evoluzione del gioco. E di ciò che porta la Roma a battere il rigore del 2-0 con l’Udinese. In conferenza stampa, Fonseca aveva spiegato come la situazione più complessa da affrontare fosse quella contro una squadra decisa ad annidarsi intorno alla propria area di rigore, quello che, presumibilmente, aveva in mente Gotti per ieri. E cos’è che può convincere un giocatore a spostarsi? Nulla di meglio del pallone. Che scorrendogli davanti gli occhi può convincere l’avversario a rivedere le proprie intenzioni iniziali.

La pressione morbida dell’Udinese, unita alla propensione romanista a partire dal basso, permette uno sviluppo di costruzione anche in parità numerica. Soprattutto, consente di creare i presupposti per cui, momento più unico che raro per l’atteggiamento altrui, possono venir saltati, con tre passaggi, da Pau Lopez a Mancini, da quest’ultimo a Karsdorp e dall’olandese a Pellegrini, ben 6 giocatori avversari.

Rimettendo insieme i pezzi, è evidente come la costruzione dal basso della Roma non sia un esercizio sfarzoso ma una precisa strategia: attirare l’avversario nella zona del pallone per attaccarlo alle spalle. Svuotando il centro, come più volte si era visto, fissando l’avversario in lungo (con il posizionamento alto dei 3 più offensivi) e in largo (collocando Spinazzola in massima ampiezza opposta). E Veretout che, com’era già accaduto col Verona, viene utilizzato come arma d’assalto alla profondità avversaria, traslocando dal centro sul lato forte, la fascia longitudinale in cui scorre il pallone.

Quella zona centrale liberata diverrà, subito dopo, il teatro della rifinitura di Pellegrini, che decanta una palla trasversa come si era visto fare, proprio in una costruzione letale, a Cristante in Crotone-Roma. A quel punto, l’attacco alla profondità di Veretout in fuori-linea, nella zona cieca del difendente, svela l’inganno subìto dall’Udinese. Una squadra che si era seduta, mediamente, con la linea difensiva a 32 metri dalla propria porta, riducendo dunque al minimo gli spiragli di profondità. E che di colpo si trova a rincorrere su oltre 30 metri di campo liberi alle proprie spalle.

Senza costruire dal basso, come sarebbe stato possibile?