Anche l'Uefa deve arrendersi: Totti fa 250 gol da professionista (ma per noi rimangono 251..)

29/04/2010 alle 14:06.

LAROMA24.IT – Per ogni civiltà la discesa di un messia ridisegna le coordinate temporali, sconvolgendo la precedente concezione, e con le quali fissare un prima o dopo cronologico. E’ il lontano 22 Luglio 1927 quando la Roma prende vita, ma gli 83 anni di storia hanno come punto mediale il 28 Marzo 1993, è il giorno in cui il popolo romanista ammira per la prima volta il proprio messia laico.

E’ il 6236° giorno dell’ Era : uno scambio con Vucinic, la girata di sinistro, rasoterra angolato, Storari battuto. 1-0. Tutti in piedi. Applausi: ha segnato . Chissà se anche a Nyon, ieri colonia romana, oggi sede dell’Uefa, non siano sobbalzati dalla poltrona, costretti, dall’ennesima prodezza autografata dal capitano giallorosso a registrare cifra tonda anche nei loro registri: 250 reti. Eppure la quota era stata raggiunta già nella fredda sera di Torino, quando il numero 10 realizzò il calcio di rigore del momentaneo pareggio.

Il motivo della disputa risale al 2004, la Roma è di scena a Leverkusen e trova il vantaggio grazie a una punizione calciata da complice la deviazione di Berbatov: per l’Uefa è autogol. Illuminante, a riguardo, la spiegazione normativa che fornisce “Il Romanista” in un articolo comparso sul quotidiano il 23 maggio 2007; nell’articolo si legge: “Lo dice la Fifa che nel corso degli anni ha dato delle direttive su come giudicare i casi controversi. In queste si parla di movimento attivo e passivo del giocatore in questione specificando che nel primo caso si parla di autogol, nel secondo invece no. E proprio questo sembra il caso di Berbatov che si trova sulla traiettoria del pallone che sbatte contro le sue gambe. E ancora, il massimo organismo calcistico mondiale, per premiare gli attaccanti, da alcuni anni considera autogol solo quelli in cui, senza l’intervento del difensore, la palla non avrebbe raggiunto la porta (cioè se l’attaccante aveva ad esempio effettuato un cross). Non sono quindi considerati autogol i tiri già indirizzati verso la porta dall’attaccante, con l’intento di segnare, che dopo una deviazione di un difensore finiscono in rete, anche quando la deviazione è decisiva nello spiazzare il .” Sembra ascoltare un telecronista alle prese con la descrizione del momentaneo vantaggio romanista alla BayArena, tant’è che lo stesso capitano replicherà: "Quel gol lo considero mio a tutti gli effetti”. Fa niente perché ora anche sulle rive del Lago di Ginevra concordano e ammirano la galleria d’arte del romanista.

I NUMERI – Cristallizzare 17 anni di meraviglie in statistiche appare banale quanto riduttivo, ma anche a chi compone poesie per mezzo di una sfera di cuoio spetta la sorte di esser ricordato attraverso la matematica.  si è attrezzato per l' evenienza, piegando anche i numeri alla propria classe; numeri che recitano: 251 realizzazioni in carriera (250 per l’Uefa), distribuiti in 242 con la maglia giallorossa e 9 con la maglia azzurra della nazionale. Il tutto in 623 presenze totali tra campionato, coppe e nazionale, ne deriva una media di 0,40 gol a partita, per uno che per gran parte della sua carriera ha giostrato da trequartista facendo le fortune degli attaccanti che si sono avvicendati, beneficiando delle sue giocate. Solo nelle ultime quattro stagioni, mantenendo il 10 marchio di fabbrica sulle spalle, si è evoluto in centravanti universale, abbinando gli assist per i compagni ad una media realizzativa da far imbarazzare che il 9 lo porta sulle spalle da una vita. Tra coppe e campionati sono addirittura 87 le volte in cui ha portato il pollice alla bocca per esultare la sua nuova rete, 87 firme in 142 apparizioni e media gol che schizza allo 0,61, oltre un gol ogni due presenze. Curriculum da numero uno.

LA ROMA  – Prese la sua squadra del cuore quando era una rometta, che vivacchiava a metà classifica, nel giro di pochi anni la portò ai vertici nazionali e ad acquisire una caratura internazionale. Di emozioni ne ha regalate 242 con la maglia giallorossa; la prima nel lontano 1994, Roma – Foggia, una rasoiata di sinistro che gli valse una bicicletta promessa dallo zio. Da lì inaugurò il suo album delle meraviglie, che riempì giornata dopo giornata con reti da antologia, come quando, nell’anno dello scudetto avversaria l’Udinese all’Olimpico, estrasse un sinistro al volo terminato all’incrocio, fino al dal limite dell’area a battere Buffon nell’apoteosi del 17 giugno. Fu il suo primo grande trionfo, l’anno seguente sfiorò il bis ma arricchì ancora la sua collana di prodezze con lo slalom contro il Torino, sublimato dalla carezza di suola per eludere l’uscita di Bucci. Da spellarsi le mani. Irrideva e stupiva il capitano giallorosso, anche negli anni seguenti quando iniziò a mostrare al mondo intero il suo colpo preferito, delizia per il tifoso romanista, condanna per gli avversari umiliati: il cucchiaio. Ne sfoderò uno a Milano nel 2005, teatro San Siro, sfidante i nerazzuri dell’Inter, Francesco parte da centrocampo, vince un rimpallo, supera un avversario e al limite ecco il pallonetto. Palla in rete. Delirio. E’ uno dei suoi preferiti assieme alla girata al volo, ancora di sinistro, da posizione impossibile, contro la Samp. Testimonianza che dove non arriva il pensiero, arriva la lucida pazzia del genio: palla in rete, ancora una volta. Applausi.

LA NAZIONALE – L’astro del azzurro nasce agli Europei 2000, è Dino Zoff a volerlo con sé, si diceva per la panchina, divenne titolare e realizzò due reti. Nel mezzo la semifinale contro l’Olanda, la gara si trascina ai rigori. “Mo je faccio er cucchiaio” la frase detta a Maldini divenuta leggenda. Lo farà. Palla da una parte, Van der Sar dall’altra. La maturazione del capitano sembra cosa fatta, a neanche 28 anni ha l’opportunità di guidare la nazionale negli Europei 2004, è la sua occasione. Sbaglierà, con un gesto di frustrazione nei confronti di Poulsen. Crocifisso e condannato a furore nazionale, si consuma la rivincita di chi lo aspettava al varco. Passarono due anni, è il 19 Febbraio 2006, uno dei giorni più cupi della storia giallorossa, un intervento scomposto gli causa la frattura del perone e la lesione dei legamenti: il mondiale alle porte sembra un miraggio. A crederci è solo Lippi, lo segue quotidianamente, infine lo convoca, nonostante le critiche. “E’ zoppo”. “E’ finito”, erano gli epiteti che accompagnavano le apparizioni del 10 giallorosso. Sembravano avere il sopravvento le ingiurie: finisce in panchina contro l’Australia, ma alla fine Lippi lo scelse ancora, entrò, l’Italia conquistò un calcio di rigore, prese il pallone, lo posizionò sul dischetto e l’attimo dopo lo scaraventò in rete. Aveva segnato lo "zoppo". Vinse il Mondiale, la festa del Circo Massimo, è quella l’ultima istantanea del azzurro. 

Da lì altri gol, un altro infortunio, ancora finito, di nuovo rinato. Fino allo scambio con Vucinic, la girata di sinistro, rasoterra angolato, Storari battuto. 1-0. Tutti in piedi, Uefa compresa. Applausi: ha segnato . Sabato c'è il Parma e per il 'numero 10' sente aria di gol: mai come ai gialloblù ha fatto male. Tredici realizzazioni in carriera.

 

Mirko Bussi