LA SFIDA NELLA SFIDA: Zeman vs Montella

08/12/2012 alle 01:50.

LAROMA24.IT – Uno da Praga, l’altro da Castello di Cisterna. Dal 12 maggio 1947 il primo, dal 18 giugno 1974 il secondo. Anno in cui, il più esperto, entrava nel settore giovanile del Palermo, soddisfacendo un istinto naturale. Il giovane, invece, attuò la trasformazione solo dopo 405 presenze tra Serie A, Premier League, coppe europee e Nazionale. Possibile, d’un tratto, incrociare quelle braccia che fino a un attimo fa erano distese per simulare il volo di un aeroplano? No, «ogni tanto vorrei spogliarmi ed entrare in campo», racconta la sincerità di Vincenzo Montella.

A Castello di Cisterna, di fronte allo stabilimento Fiat di Pomigliano, sul portone di casa Montella sbuca un fiocco blu per Vincenzo, quell’anno è il punto di partenza per Zeman: «Ho iniziato ad allenare nel 1974. Ero già stato tecnico di pallavolo, nuoto, ginnastica… Quell’anno sono entrato nel settore giovanile del Palermo. Guidavo quattro squadre. Non ho più smesso».

Gli strani casi della vita portano due sportivi, un ceco e un campano, svezzati a Genova e Palermo, a lasciare il cuore a Roma. Uno dopo l’altro, però. E’ il 1999 quando Montella, attaccante blucerchiato, da desiderio di Zeman, allenatore giallorosso, diventa acquisto grazie a Franco Sensi che però lo consegnerà a Fabio Capello, l’uomo scelto per far grande la Roma. Per Zeman è l’inizio dell’esilio, per Montella la grande occasione. Arrivederci al 2004-05. Quando il boemo tornerà dall’inizio su una panchina di Serie A, portando il Lecce all’undicesimo posto, mentre l’aeroplanino, libero di Capello, potrà sfogarsi con 21 gol in campionato. Per entrambi coinciderà con l’ultima stagione di gloria nel primo campionato italiano. Montella scivolò tra Fulham, ancora Sampdoria e Roma, Zeman rovinò addirittura fino alla serie C col solito Foggia, prima di risalire dal .

Poi l’estate scorsa, riecco la Roma. Montella la sfiorò, Zeman l’ha ripresa al volo senza badare quale percorso avesse portato alla sua nomina o quale materiale avrebbe avuto a disposizione. Era l’ultimo treno e andava preso. L’ex tecnico del Catania, invece, prese quello per Firenze, che ritrovò colonizzata. Pradè dietro la scrivania, Luca Pengue in infermeria, Toni, Pizarro, Aquilani e Lupatelli: se l’obiettivo era scrollarsi la Roma dalla mente, si poteva fare di meglio. Dirà: «Se avessi ragionato emotivamente sarei andato ad allenare la Roma, ma sarebbe stata la scelta peggiore per la mia carriera». A soli 38 anni avrebbe dovuto sottoporsi al giudizio universale: allenatore predestinato oppure novizio da rimandare in provincia. E la storia del conterraneo Ferrara deve avergli suggerito un’altra strada.

Saltata la roulette giallorossa, ecco la , un giglio da far germogliare nuovamente, l’adeguato passo in avanti dopo il rodaggio di Catania. Qui Montella assembla il suo prototipo di calcio, una traduzione italiana del calcio alla spagnola, mentre Zeman, che a giugno era il sogno dei fiorentini, a Roma distribuisce lo spartito canonico anche se, stavolta come mai, l’orchestra non esegue alla lettera. Dal 1974 al 2012 il mondo s’è capovolto più volte e con esso il calcio, divenuto uno «sport individuale», sostiene Zdenek, che poi ne dipinge i protagonisti: «vedi questi ragazzi con le cuffie, che vanno con la loro musica. Prima si parlava». Su quell’ultimo treno, forse, Zeman è ancora in piedi. Alla ricerca di un posto.

Mirko Bussi