Post Match - Domus Claudio

29/04/2025 alle 13:05.
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LR24 (MIRKO BUSSI) - Claudio Ranieri si è presentato a San Siro col vestito migliore per l'ultima scena. Non quello indossato, impreziosito dalla spilletta romanista sul rever della giacca, ma quello con cui ha presentato la Roma in campo. Una struttura solida in non possesso, che non intendeva permettere all'Inter di prendere la fluidità vorticosa che la contraddistingue, pronta a mordere letalmente con transizioni e sviluppi offensivi che avevano nell'abilità in conduzione di Soulé il proprio punto di maggior velenosità.

La struttura in non possesso della Roma, sintetizzabile in un 3-5-1-1, era pronta a scomporsi per vietare gli accessi preferiti all'Inter, come quelle combinazioni coi vertici offensivi che, sugli inserimenti successivi, saranno da trama nel gol annullato a Frattesi o all'occasione sventata dall'uscita di testa di Svilar nel primo tempo. Il punto fisso era uno: Shomurodov su Calhanoglu, tra gli snodi principali dell'Inter. E mentre Dovbyk aveva in consegna Acerbi, su Bisseck e Carlos Augusto, terzi di difesa, si alzava a turno la mezzala di parte, da un lato Pellegrini e dall'altro Cristante.

Quelle che variavano, a seconda del lato, erano le scalate successive. Quando Cristante andava a mordere su Carlos Augusto, infatti, era Koné a scivolare su Barella, la mezzala che si liberava alle spalle dell'uscita del pariruolo romanista. Sul centrosinistra romanista, invece, con Pellegrini su Bisseck, era Ndicka a rompere la linea per andare ad occuparsi di Frattesi. In questo caso, la Roma accettava la parità numerica con Arnautovic e Lautaro, che rimanevano in consegna a Mancini e Celik mentre Angelino e Soulé se la vedevano con i quinti nerazzurri.

Così la Roma sbarrava la strada all'Inter ma per poi liberare la propria si appoggiava su una capacità di uscire dalle contropressioni nerazzurre più articolata rispetto alle verticalizzazioni dirette su Dovbyk che sarebbe stato esposto a duelli e inferiorità numeriche poco vantaggiose. A darle tempi e colori sgargianti, spesso, era la capacità di conduzione di Soulé che, dopo aver svolto i compiti da quinto, tornava alla sua versione più pura da esterno offensivo.

Al 27', ad esempio, un recupero medio-basso della Roma viene convertito in sviluppo offensivo dall'argentino che, ruotando attorno alla riaggressione di Barella, può puntare Carlos Augusto facendo guadagnare ai giallorossi 40 metri di campo. La transizione in conduzione implica tempi più dilatati, che se da una parte offrono un'occasione di riposizionamento agli avversari, dall'altra permette ai compagni di assecondare lo sviluppo offensivo. La Roma, infatti, si ritroverà con 6 giocatori, compreso Soulé in possesso sulla corsia di destra, negli ultimi 25 metri dell'Inter: la combinazione successiva, da Cristante a Dovbyk per Pellegrini, preparerà il traversone di Angelino che produrrà uno dei rimpianti principali dei giallorossi per aumentare il vantaggio.

Nel gol, come si era già visto sullo 0-0 col tiro dal limite di Koné, la conduzione di Soulé diventa ipnotica per l'Inter: la situazione nasce da una costruzione dal basso pregevole della Roma che va poi a srotolarsi sul lato destro dove l'argentino spegne il pallone tra i propri piedi per 5 secondi. Quelli in cui fa collassare l'Inter verso la propria porta, con la difficoltà, per i nerazzurri, di tenere sotto controllo pallone e smarcamenti avversari. Come quello di Pellegrini che sfila al limite con, a quel punto, un ampio raggio a disposizione per preparare il tiro che produrrà la carambola favorevole proprio a Soulé.

"È l'ultima volta", ripeterà Ranieri più volte ai collaboratori che corrono a stringergli la mano e congratularsi a fine partita. Prima di risistemarsi la giacca, salutare San Siro e, si spera, lasciare sul tavolo il foglio con le istruzioni generali. Utili a chi dovrà tornarci un'altra volta.