Post Match - L'arte della guerra

28/05/2022 alle 09:51.
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LAROMA24.IT (MIRKO BUSSI) - "Se conosci te stesso e il nemico, la tua vittoria è certa". Il più antico testo di strategia militare, attribuito al mitologico Sun Tzu, prima di elencare una serie di strategie militari, sconsigliava vivamente di portarsi sul terreno di battaglia senza aver ancora capito che ruolo si avrà e, allo stesso tempo, quello che calzerà l'avversario.

Quando José Mourinho raggiungeva Tirana al comando della Roma, invece, sapeva benissimo da che parte si sarebbe seduto nella contesa. Allo stesso modo, conosceva cosa sarebbe successo dall'altra parte del tavolo. Al punto da farlo vedere, rivedere e mostrare un'altra volta finché non fosse quella giusta. Uno, due, tre attacchi che hanno lo stesso punto d'accesso e che, in 8 minuti, scuotono fino a far cadere il Feyenoord.

Chissà se quando Gernot Trauner, a una settimana dalla finale, rispondeva fiero "non preoccuparti, in finale ci sarò" al cronista che gli domandava dei problemi avuti al tendine del ginocchio, un ghigno sia stato registrato a Trigoria. Perché è proprio lì, dalle spalle del più grande tra gli avversari, l'unico 30enne in campo del Feyenoord, che la Roma si è arrampicata per godersi il panorama più bello degli ultimi anni.

Lì la Roma si era messa a forzare. Già al 24': conduzione centrale di Pellegrini che guadagna uno scorcio sull'area di rigore da dove prova ad innescare Zaniolo. Il tentativo fallirà per questione di centimetri. Ma il numero 22 si era messo proprio davanti a Trauner, per poi improvvisamente ruotargli dietro e assaggiare quella profondità che forse gli era stata consigliata. E poi di nuovo 2 minuti più tardi, appena dopo la prima ammonizione della partita che aveva pagato proprio il difensore austriaco.

Minuto 26, la prova generale. Sul pallone di Mancini stavolta è Abraham ad andarsi ad accoppiare con Trauner, sfruttando i principi difensivi del Feyenoord che si basano prevalentemente sulla gestione di duelli individuali, rinunciando a più premurose letture di reparto. Il pallone alto giocato da Mancini va a stimolare un nuovo movimento in profondità alle spalle del bersaglio olandese: sono ancora minuzie nella misura a impedire alla Roma di concretizzare quel 2v2 a cui il Feyenoord si era sottoposto tra i suoi due centrali e la rappresentanza romanista composta da Abraham e Pellegrini. Ma qui la Roma vedrà i prodromi della gloria, con Trauner che mostra imbarazzi anche nel calcolo della traiettoria, finendo per mancare l'intervento.

E venne il minuto 32, quello che ha mosso gli orologi romanisti rimasti fermi per troppo tempo. Sullo spostamento del pallone da un lato all'altro, si nota un vertice romanista, stavolta sarà di nuovo Zaniolo, andare ad apparecchiarsi il fuori-linea, quel movimento che punta alla zona cieca del difendente uscendo fuori dalla linea immaginaria che collegherebbe il pallone con la porta, su Trauner. E quando Mancini scocca il pallone, Zaniolo ha già guadagnato una visuale estremamente vantaggiosa sul rivale che, sprovvisto di accurate doti previsionali, ha già perso tutti i beni di prima necessità del difensore: il contatto dall'avversario o almeno una posizione che lo frapponga tra l'attaccante e la porta e, per finire, un corretto calcolo della traiettoria del pallone. Il comportamento di Geertruida, al quale non suona alcun allarme, certifica l'assenza di senso comune nella fase difensiva più profonda del Feyenoord, totalmente rivolta al duello individuale.

Il pallone vola alto e splendente verso Zaniolo, con Trauner ancora mangiato alle spalle e impegnato in un altro vano tentativo di colpire di testa. Poi il controllo, quel tocco pesantissimo davanti a Bijlow e tutto il resto che ha fatto conoscere di nuovo il sapore della vittoria, quella piena. Perché noi stessi e il nemico, qualcuno li conosceva già. Per fortuna.