Le cinque prove dell'esistenza di Soros

12/03/2011 alle 17:58.

Inauguriamo la nuova rubrica curata dal 'nostro' Tiziano Riccardi che sarà incentrata su stretta attualità e approfondimento della notizia. Ecco a voi 'L'Anagramma di Notizia'.

Ad uso e consumo di chi continua a sosterenere l'insostenibile: George Soros, uno dei magnati più facoltosi e influenti del pianeta, voleva realmente comprare la Roma. La storia è nota: primavera 2008, Soros, a capo dei uno dei fondi più liquidi al mondo, è sul punto di rilevare l'intero pacchetto azionario dell'As Roma. Ballano 283 milioni di euro, la valutazione complessiva dell'affare. Ad un certo punto, poi, salta fuori una presunta offerta araba (successivamente smentita dalla stessa ItalPetroli) che fa saltare il banco. Un affare tramontato, tirato in ballo di tanto in tanto solo per pensare a quello che poteva essere e non è stato. L'argomento è tornato d'attualità con le recenti dichiarazioni dell'avvocato Mario Tonucci, dell'omonimo studio legale: "Quando il nostro studio assisteva Soros - ha raccontato Tonucci -, nel momento finale arrivò una voce di una cordata araba che poteva fare di più e meglio". In realtà, tante altre sono state le testimonianze pubbliche di personaggi coinvolti in prima persona nella trattativa, ma anche di uomini dell'alta finanza, semplicemente informati sui fatti.

In principio fu Joe Tacopina, uno degli avvocati che prese parte all'operazione, con un'intervista a Repubblica il 3 luglio 2008. Testuali parole: "Avevo cominciato a lavorare al deal nel febbraio 2007, riuscendo a tenerlo segreto per un anno esatto. E avevo tirato dentro il miglior acquirente che la Roma potesse augurarsi, George Soros. Era lui che doveva comprare la Roma, non io (non lui, capito? ndr). L'affare doveva chiudersi prima a febbraio di quest'anno, quindi a marzo, per 280 milioni di euro. Ad aprile, il giorno in cui sarebbe dovuta mettere per iscritto la dichiarazione di interesse formale, spuntò fuori un fantomatico arabo disposto a comprare per 400 milioni di euro. Quella era una "sola"... E lì è finito tutto".

Francesco Angelini, uno dei pretendenti "storici" alla società giallorossa, ora defilato nell'affare, al Corriere dello Sport: "Rinunciare a quell’offerta è stato un errore clamoroso, è fuori dalla realtà. Mi sono informato su Soros, l’avvocato Tacopina, gli altri studi legali coinvolti in quella vicenda: erano e sono persone serissime che alle spalle hanno una storia importante e pulita. E’ tuttora incredibile aver rinunciato a quell’offerta".

Il quotidiano economico, Milano Finanza, in un pezzo a firma Catia Augelli, datato 19 maggio 2009, pubblicò i testi di alcune e-mail di quei giorni: "Come dimostra una mail spedita l’8 aprile da Len Potter - si legge nell'articolo -, del Soros Fund Management, all’avvocato Tacopina, l’interesse era ben vivo. "George", scrive Potter, "terrà una conferenza stampa. È una conferenza limitata alla presentazione del suo nuovo libro, ma ci aspettiamo domande sulla Roma. George non negherà di essere coinvolto in qualunque trattativa, ma neanche confermerà che le trattative sono in corso. Risponderà a queste domande con un sorridente no comment che è una procedura standard per lui e per noi per quel che riguarda le domande sui suoi investimenti. Sebbene noi rispondiamo a tutte le domande nello stesso modo (anche dove non siamo coinvolti), la stampa e l’opinione pubblica leggeranno quel no comment come una conferma che siamo interessati alla squadra e che siamo coinvolti nelle trattative. Un elemento, questo, che pensiamo possa forse aiutare la nostra causa anche senza una conferma diretta. Tienici informati. A quanto pare le cose stanno andando bene"".

Andò veramente così: a margine di un incontro con i giornalisti, a Bruxelles, la risposta di Soros, incalzato sull'argomento As Roma, fu proprio un "no comment". E ancora, sempre dall'articolo di Augelli: "La trattativa, proseguita in un crescendo di contatti ed incontri si arenò a sorpresa il 18 aprile, quando agli emissari americani, pronti a firmare l’impegno vincolante all’acquisto, venne presentata l’offerta alternativa di una non meglio identificata cordata araba. Sorpreso, Horowitz contattò immediatamente gli uomini di Soros, che decisero di passare la mano. Che le cose siano andate effettivamente così lo scrive lo stesso Horowitz a de Giovanni in un’altra mail (inviata in copia anche al Soros Fund). Dopo i convenevoli, Horowitz scrive: "Siamo stati informati dagli uffici della famiglia di George Soros che non c’è più la volontà di portare avanti la trattativa per l’acquisizione di una quota di controllo della As Roma. Come capirai, a loro non è piaciuto lo sviluppo degli eventi dell’ultima settimana, e tra questi il venir fuori di un’apparente offerta molto più alta della nostra valutazione, tra 270 e 283 milioni di euro, cifre intorno alle quali, prima del mio recente viaggio in Italia, era ragionevole aspettarsi che avremmo chiuso l’accordo. Soros è anche abbastanza preoccupato circa l’alto livello di esposizione mediatica che il suo nome ha ricevuto sulla stampa italiana. Una posizione inaccettabile per loro in assenza di una chiara indicazione sulla possibile conclusione della transazione".

Così Alessandro Daffinà, amministratore delegato per l'Italia di Banca Rotschild, al Romanista, il 15 ottobre 2009: "E' noto che Rothschild rappresentò, insieme a Inner Circle, il gruppo Soros nella vicenda. Per i tifosi giallorossi fu una delusione? Non ditelo a me...". Già, perché Daffinà è romano e romanista, peraltro è uno degli 83 costituenti dell'azionariato popolare, MyRoma, di Walter Campanile, ma questa è un'altra storia. L'ultimo, ma solo in ordine di tempo, l'avvocato Tonucci, ma di lui abbiamo già detto. Come recitava quel famoso detto: una coincidenza è il caso, due sono un indizio, tre sono una prova . E cinque? Una certezza assoluta, sulla quale è inutile continuare a discutere. 

 

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