Stefano Cobolli: "Flavio voleva fare il calciatore, chissà dove sarebbe arrivato. Il mio sogno era vederlo segnare al derby"

26/11/2025 alle 08:56.
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LA REPUBBLICA - «Al Roland Garros aveva un anno e mezzo, una racchetta in mano e la maglia della Roma». Stefano Cobolli guarda e riguarda una foto: ecco il figlio Flavio tra i viali dell'impianto che ospita il torneo parigino. «Io cercavo un posto tra i professionisti, mentre un fotografo americano immortalava il mio piccolo mentre imitava il movimento del dritto», racconta il padre che è stato allenatore anche dell'altro campione della Coppa Davis, Matteo Berrettini. Oggi, dopo il trionfo, lo scatto del figlio appare come una profezia. Stefano Cobolli, a freddo, che emozioni prova? «La testa adesso non è più fredda, anzi. Ho dormito pochissimo le ultime notti, cosa che non mi capita mai. Non ho ancora elaborato tutto. Prima che Flavio partisse per le vacanze abbiamo passato qualche ora con la famiglia e gli amici al circolo Parioli, la nostra casa. Nei prossimi giorni, forse, mi renderò conto di quello che abbiamo fatto. Della coppa che ha alzato».

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Qual è il suo primo ricordo di Flavio con la racchetta?

«Già dentro casa, da piccolissimo, ancora non camminava ma gattonava con una mano e nell'altra c'era la racchetta. Ma il primo ricordo nitido è al Roland Garros, a un anno e mezzo. Io giocavo le qualificazioni. Indossava la maglia della Roma e imitava il dritto: una giornalista americana gli fece un servizio fotografico bellissimo».

Lei e Flavio siete grandi tifosi della Roma. Meglio averlo nella top 10 o avrebbe preferito vederlo in campo all'Olimpico con la maglia della Roma, magari insieme al suo amico Edoardo Bove?

«A 13 anni le avrei detto Roma, Flavio che segna un gol al derby. Allora era impensabile che diventasse tennista. Poi ha fatto la sua scelta. Resterò per sempre con una domanda senza risposta. Dove sarebbe potuto arrivare nel calcio?».