
GUSTO - Le cassate a Palermo, gli arrosticini e la frittura di paranza nei ristoranti del lungomare a Pescara, le verdure fresche, in particolare i pipi (peperoni) e patate a Crotone. E poi il polpettone a Genova i casonsèi de Berghem, la pasta tradizionale ripiena di Bergamo. E chissà quale piatto romano sceglierà Gian Piero Gasperini, ora che vive nella capitale e allena i giallorossi. Sono alcuni dei piatti preferiti dal grande allenatore piemontese, nato a Grugliasco (Torino) 67 anni fa, sulla base delle esperienze e dell'attaccamento ai territori dove ha vissuto da calciatore prima e da mister dopo. (...)
Mister, qual è il suo piatto preferito?
"Gli agnolotti al ragù piemontese sono un piatto che mi porto dietro fin da bambino così come il ricordo di mio papà che tirava la pasta fatta in casa e mia mamma che preparava il ripieno d'arrosto e il condimento di ragù alla piemontese. I miei genitori avevano sempre l'abitudine di riunire tutta la famiglia attorno alla tavola e gli agnolotti sono sempre stati in casa nostra il piatto forte delle feste".
E ai fornelli, ci si mette volentieri?
"La verità è che in cucina sono negato: il primo anno da calciatore professionista lontano da casa a Palermo, la bolletta del gas in un anno si era aggirata intorno alle duemila lire... in sostanza non lo avevo mai acceso!".
Qual è la dieta ideale del campione?
"Partiamo dal presupposto che, mentre quando ero calciatore, negli anni '80/'90 c'era molta meno attenzione e cura della parte fisica, nel calcio di oggi anche i calciatori dotati di grande talento non possono prescindere dal fatto di essere degli atleti attenti alla salute. Il calcio, a differenza di altri sport, permette a tutti di poter giocare anche ad alti livelli senza barriere, ad esempio, sull'altezza. Ma il grasso corporeo è un dato fondamentale che va misurato e tenuto molto sotto controllo per chi gioca da professionista. Oggi i club hanno internamente dei nutrizionisti e cercano di tenere sotto controllo la qualità dei pasti facendo fare, ad esempio, le colazioni e i pranzi presso il centro sportivo nei giorni di allenamento. E spesso gli stessi atleti hanno dei nutrizionisti o cuochi individuali che li seguono nei pasti effettuati al di fuori della squadra. Pensiamo ai giovani che magari non sanno mettere le mani in cucina e che, quando non mangiano assieme alla squadra, devono comunque mantenere uno stile alimentare corretto quindi han-no bisogno di supporto".
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Quando nasce il suo amore per la natura?
"Quello per la natura è un amore che ho sempre avuto, sin dall'infanzia. Era una cosa che con mio papà desideravo da sempre: trovare uno spazio, ma-gari lontano dalle città, dove farci coccolare dalla natura. Invece sono sempre stato impegnato col calcio. Mio padre, poi, a un certo punto, era piuttosto anziano e non siamo riusciti a realizzare quel sogno. Quando invece è arrivato il Covid, a differenza di altre volte, quell'idea è tornata, abbracciata da tutta la famiglia e dai miei figli. Soprattutto Davide, ma anche mia moglie Cristina hanno incominciato a prendere in considerazione la possibilità di avere uno spazio un po' distante dalla città, dove poterci radunare non solo con la famiglia ma anche con gli amici. Abbiamo quindi iniziato a cercare. E alla fine, proprio durante il periodo della pandemia, abbiamo trovato questa cascina, attiva nella produzione di vini sin dagli anni '80. E appena c'è stata la possibilità, abbiamo deciso di investire".
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Ha un vino preferito?
"I vini di Cascina Gilli, ovviamente, quindi la Freisa, ma anche i Nebbioli, la Barbera e la Malvasia di Schierano. Quest'ultimo è un vino straordinario, anche se più dolce. E la cosa interessante è che, come richiede il mercato, si incominciano ad avere anche degli ottimi bianchi. Ma quello che conta davvero è la consapevolezza del potenziale del territorio".
In cantina, così come in campo, conta la squadra. Qual è il segreto di uno spogliatoio che funziona?
"Avere dei buoni ragazzi, validi sia sotto l'aspetto professionale, calcistico o enologico".
In un gruppo ci vuole anche qualche fuoriclasse come la Freisa o come Dybala?
"Assolutamente sì. I campioni sono importanti, ma oggi il fuoriclasse non è mai fine a se stesso. È sempre un elemento che lavora per la squadra, che dà un valore aggiunto al gruppo".
Come si fa a portare un vino in Champions?
"In questo come sempre è la gente che decide, in base al proprio apprezzamento. Non siamo noi che decidiamo dove andare o che direzione far prendere a un prodotto. Noi dobbiamo pensare a fare le cose al meglio, sempre migliorandoci, ogni volta di più. Ma dopo è la valutazione della gente la cosa più importante, che fa la differenza".
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