
E' appena terminato l'allenamento, e un po' di voce gli è rimasta, nonostante qualche urlo sparso qua e là. Un insolito sole inglese gli punta lo sguardo, lui sorride, è accogliente. E vuole che lo facciano anche i suoi calciatori, stremati dal lavoro e dai maniacali indirizzi tattici: quando si gioca a calcio bisogna sorridere, disse più di un mese fa. Gasperini di questa Roma è il capitano, il direttore d'orchestra, comunica con passione, è accomodante con tutti, ma quando c'è da decidere, eccolo lì, è in prima fila, che ci si trovi a Trigoria o nella casa della Nazionale dei Tre Leoni. (...) Gian Piero ha portato un metodo di lavoro e nuove regole, una riguarda la fascia da capitano. Abbiamo visto in queste amichevoli, quel prestigioso pezzo di stoffa passare da un braccio a un altro: ElSha, Cristante, Mancini. Il capi-tano, per lui, non è uno, ma tanti. Tutti, forse, Gasp è il primo addirittura. Non c'è (più) capitan Pellegrini, ma c'è Pellegrini capitano come gli altri. Dipende dalla presenze, come in Nazionale: non è una rivoluzione da queste parti? Così era a Bergamo, così è in questa sua nuova avventura. (...) Da Capitano a direttore d'or-hestra, Gasp per Dovbyk usa un paragone musicale. Gli si chiede a che punto sia la sua crescita. «E' stato pagato una bella cifra. Ha dimostrato pure di essere un centravanti di valore, ha segnato i suoi gol. Stiamo lavorando per migliorare alcune sue lacune. Ad esempio? Le vedete anche voi: la capacità di essere in gioco, e io lavoro molto sugli smarcamenti. Non deve essere troppo in anticipo o troppo in ritardo, è co-me nella musica: se sei fuori tem-po e stonato, è un problema». Quindi, per ora Dovbyk è fuori tempo, deve studiare meglio il pentagramma gasperiniano. Il nodo della questione e delle ambizioni future, è tutto lì, in attacco. (...) E lì qualcosa manca ancora alla Roma: Gasp ne fa una questione di sostanza («bisogna capire dove vogliamo andare») e una numerica («in alcuni reparti siamo un po' contati»). (...) Echeverri è l'uomo giusto? «Non parlo di singoli, specie di chi non è nostro, non ho mai fatto nomi. Io a volte posso dare dei suggerimenti, ma la linea è chiara: a me piacciono i giocatori bravi. Abbiamo già una squadra quasi formata, anche se in alcuni ruoli siamo un po' contati. Resta l'esigenza di inserirne un paio in più, perché non tutti potranno fare cinquanta partite o, speriamo sessanta. Questo per quanto riguarda il completamento (struttura, ndr). Invece per il rafforzamento (ambizioni, ndi) la società è alla ricerca di profili che possano darci quel qualcosa in più». (...)
(Il Messaggero)