
LA REPUBBLICA - Luciano Spalletti, ex allenatore della Roma, ha rilasciato un'intervista al quotidiano e ha parlato del suo rapporto conflittuale con il calcio. Inoltre l'ex commissario tecnico dell'Italia ammette di non aver ancora superato la delusione legata all'esonero dalla Nazionale. Ecco le sue dichiarazioni: "Il calcio mi ha rovinato la vita. Ho voluto più bene al calcio che a me stesso, ho sacrificato le persone a me più care...".
Spalletti, inutile girarci attorno: bisogna ripartire da lì, la sconfitta con la Norvegia, i Mondiali subito a rischio, l’esonero da ct della Nazionale.
"Non mi passa mai. Mi toglie il sonno, mi condiziona in tutto, perché il pensiero torna sempre lì. Certe volte mi sembra di essere felice, poi però dopo un attimo mi torna in testa quella cosa lì. Non sono riuscito a far capire ai ragazzi che gli volevo bene. Il mio errore è stato, all’inizio, pigiare troppo su questo senso di appartenenza, di identità. Chiedere di cantare l’inno, di fare un grido di battaglia prima di ogni allenamento. Volevo stimolare quell’orgoglio che provavo io, ma è stato troppo. Non credo che accettare l'incarico sia stato un errore. Anche perché la Nazionale non chiede, la Nazionale chiama. Non si sceglie se accettare, non c’è una riflessione razionale da fare. Quando la Nazionale chiama, deve gonfiarsi il petto e devi metterti a piena disposizione... Ecco, forse questo è uno dei concetti che stiamo perdendo".