
Il "bambino" dell'Inter, il prodigio 17enne che in una notte di Champions 2009 fermò Cristiano in maglia United, ha avuto un'infanzia troppo breve. Davide Santon è l'esempio di ciò che poteva essere e non è stato. Azzoppato da infortuni e rimpianti, ha smesso a 31 anni nel 2022: poteva diventare tempesta, è stato soltanto un lampo.
"Il bambino è bravo": le tornano mai in mente le parole di Mou dopo aver fermato CR7?
«E una frase speciale, come chi l'ha pronunciata. Il soprannome mi è rimasto appeso per la vita: ero davvero un bambino felice in mezzo a tanti giganti. Mou non voleva essere teatrale, come faceva a volte, ma sincero: pensava solo a trasmettere fiducia per il futuro che avevo davanti».
ll futuro, però, non è stato all'altezza: non è che quella benedizione sia arrivata presto?
«No, non era presto, ma forse io ero ingenuo e non pronto a livello mentale. Quando sei li a 17 anni, non sai quanto sia difficile gestire le aspettative della gente: se stai sotto l'asticella, vieni preso di mira. Dopo il primo anno avevo rac-colto tutto, dallo scudetto alla Nazionale, poi mi ruppi il ginocchio: le conseguenze dell'infortunio mi hanno accompagnato fino all'ultimo giorno. Non è stato gestito bene dal punto di vista medico: io, sbagliando, ho seguito le pressioni per tornare il prima possibile. Ma il mio fisico non sarebbe mai stato più come prima...».
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Ha ancora un supporto psicologico?
«È stato decisivo nei primi 6-7 mesi dopo aver smes-soal Roma: ero depresso, senza meta. Pensavo solo alla mia fine triste, diversa da quella che avrei voluto, eppure ero così stanco... Il calcio era diventato solo sofferenza più che gioia, però nello stesso tempo ero pieno di "se": se avessi fatto quello, se non mi fossi fatto male, se, se... Ma se il rimpianto ti assale, serve aiuto».
Il calcio le piace ancora?
«Per i primi mesi dopo il ritiro non ho visto mezza partita: lo odiavo, ma oggi sono in pace con me stesso. Potevo essere ancora lì, è vero, ma le partite sono belle anche in tv. Ad esempio, che meraviglia vedere il mio Newcastle vincere un titolo dopo 56 anni. Lì, in Inghilterra, ho avuto le 3 stagioni più continue e felici, a parte gli ultimi mesi in cui ero fuori per il terzo intervento nello stesso ginocchio. Non me ne sarei andato mai, ma come facevo a dire di no alla chiamata di Mancini nel 2015? Significava tornare a casa, non da bambino ma da uomo. Volevo la possibilità di una rivincita, ma il fisico non me l'ha concesso»
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A fine carriera a Roma ha ritrovato lo stesso Mou di prima?
«All'Inter girava tutto attorno a lui, alla Roma era un po' meno dittatore. Si era quasi addolcito. Ma Mou è unico in ogni epoca: ha sempre detto in faccia tutto, pochi lo fanno e ti illudono. Ho apprezzato la franchezza anche quando sono finito fuori rosa a Roma e l'unica strada era smettere: avevo iniziato con lui, dovevo finire con lui»
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