Bruno Conti: "Alla Roma non ho mai detto di no. Ranieri ha l'entusiasmo di un ragazzino, sa cosa significa essere romanisti"

13/03/2025 alle 11:41.
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CORSPORT - Nel giorno del suo settantesimo compleanno la storica bandiera della Roma Bruno Conti ha rilasciato una lunga intervista sull'edizione odierna del quotidiano sportivo, ripercorrendo la propria carriera e analizzando la situazione attuale della squadra giallorossa, attesa dal difficile impegno di Europa League contro l'Athletic. Queste le sue parole.

Bruno Conti, come ci si sente a settanta anni?
"Mi sento in formissima, mi sento giovane, pieno di voglia di cose da fare. Sto bene fisicamente. Sto superando una situazione delicata, sta andando tutto alla grande, quel male brutto è passato, l'ho messo alle spalle. E' tutto sotto controllo, gli ultimi test sono andati benissimo".

Quanto è stata importante la famiglia in questo periodo?
"La famiglia è la mia vita, ho una famiglia piena di valori, gli stessi che mi hanno trasmesso i miei genitori. Mio padre e mia madre mi hanno insegnato il rispetto per gli altri, l'umiltà, il sacrificio e io li ho trasferiti ai miei figli, i miei nipoti. Non andranno mai dispersi".

Non hai ancora smesso di scoprire talenti, fa parte del tuo Dna.
"Superato il momento di difficoltà ho ripreso a lavorare con più entusiasmo di prima. Ho la fortuna di avere vicino persone incredibili, che da anni mi segnalano i ragazzini più promettenti e poi io vado a valutarli. Il calcio di oggi è cambiato e dobbiamo far capire cosa significa far parte della Roma. Vedere l'entusiasmo di questi giovani è una grande soddisfazione".

Sono tanti i giovani cresciuti con te che sono arrivati in prima squadra.
"Pisilli era arrivato quando aveva nove anni, prima avevo preso Bove, Zalewski, Pellegrini. Vederli crescere e poi vederli giocare in prima squadra è una gratificazione per il mio lavoro. Per me è motivo di orgoglio lavorare per una società che ha sempre puntato nel settore giovanile, la Roma è la squadra che ha lanciato più giovani in Serie A".

Lo scorso anno quando Mourinho ti chiese di sostituirlo in panchina hai sofferto come quando giocavi.
"José venne a trovarmi nel mio ufficio chiedendomi questa cosa. Aveva avuto quattro giornate di squalifica e in quel momento serviva una figura di spessore per stare vicino alla squadra. Io continuavo a fare terapia, non potevo viaggiare in aereo, quando giocammo a Verona raggiunsi la squadra in treno. Per me fu una grande soddisfazione, quella di essere stato coinvolto da un personaggio incredibile. Non potevo dire di no, alla Roma non ho mai detto di no, neppure quando sono tornato in panchina per salvarla dalla Serie B".

Anche per quel ruolo di rappresentanza non dormivi la notte...
"Non ho mai dormito la notte prima delle partite, neanche in quelle occasioni. Io vivo ogni situazione da tifoso. Posso capire la soddisfazione di Claudio Ranieri, romanista come me. Mi è tornato in mente quando è andato via Spalletti e per sostituirlo da casa di Rosella Sensi lo chiamai e sfiorammo lo scudetto. Claudio sa cosa significa essere romanisti. Cosa significa quando sali sul pullman per andare allo stadio. Alla Roma da calciatori non ci siamo incrociati, da avversari sì, quando era al Catanzaro. Da allenatore dove è andato ha fatto bene".

Te lo aspettavi questo suo ritorno trionfale?
"Ha l'entusiasmo di un ragazzino, è un pischello nella testa, è bello vedere come gestisce la squadra, le situazioni delicate. Ho toccato con mano il suo modo di lavorare. I giocatori gli vanno dietro, quando ti parla ti guarda in faccia, non ti prende in giro, questi ragazzi stanno dando di tutto e di più per Ranieri, si butterebbero nel fuoco per lui".

Stasera la Roma gioca a Bilbao, il passaggio del turno sarebbe un bel regalo di compleanno...
"Voglio essere ottimista, la Roma ce la farà. Sappiamo che ambiente troveremo, Claudio lo sa meglio di tutti, lui la preparerà con la massima attenzione. Da tifoso romanista mi auguro che vada avanti. Anche nella gestione ha dimostrato di lavorare in vista di questo grande appuntamento, cambiando nove giocatori ad Empoli rispetto alla partita di andata contro gli spagnoli. Non posso pensare che non andiamo avanti, sarà una partita tosta, bisogna aiutarsi e dare tutto in campo".

Che compleanno sarà rispetto al passato?
"Un bel compleanno, il regalo più grande può arrivare dalla Roma, per il momento che sta attraversando il mio amico Claudio".

La tua carriera di calciatore si è chiusa in modo malinconico. Pochi minuti contro il Bordeaux in Coppa Uefa prima della partita di addio.
"Avrei potuto divertirmi ancora, ero sempre il primo in allenamento, stavo bene fisicamente, non andavo in campo sentendomi Bruno Conti, ma con l'umiltà di un ragazzino. Il rimpianto è solo questo. Avrei potuto chiudere da qualche altra parte, ma io che sono cresciuto nella Roma non potevo vestire un'altra maglia. Ci fu un piccolo battibecco con Bianchi, ma da mesi avevo già deciso di chiudere, avevo già organizzato con Gilberto Viti la partita di addio".

Quanto è stato importante Liedholm nella tua carriera?
"Per me è stato tutto, quando venne alla Roma ero in prestito al Genoa. Fu una stagione balorda, rischiammo di retrocedere, non feci un grande campionato. Si diceva già che sarei andato ancora in prestito, mi voleva il Pescara. Invece Liedholm ha fatto di tutto per riportarmi a Roma e grazie a lui ho fatto la carriera che ho fatto. Mi ha insegnato tutto".

Nel 2005 dopo l'esonero di Delneri tornasti in panchina per salvare la Roma dalla B.
"Quella squadra aveva grandi giocatori, ma incappò in una stagione maledetta. Quando la presi arrivarono diverse sconfitte una dietro l'altra, Totti era stato squalificato per quattro giornate. Ma ebbi grandi rapporti con tutti i giocatori. Ci salvò Cassano a Bergamo, ma altro che non dormire la notte...Mi sono venuti tanti tic, più di quelli che avevo solitamente. Non potrò dimenticare le lacrime di Rosella Sensi, ma quell'anno arrivammo anche a giocare la finale di Coppa Italia".

Cassano non era facile da gestire...
"Aveva una stima nei miei confronti incredibile. Quando deve dire una cosa la dice a modo suo, a volte esagera. Una volta mi fece arrabbiare. Non voleva venire a San Pietro con tutta la squadra quando morì Papa Giovanni Paolo II. Lo convinsi anche quella volta".

Dopo quella stagione incredibile hai portato Spalletti alla Roma.
"Anche con lui ho avuto un rapporto straordinario. Con l'Udinese in Coppa Italia ci fece una testa così. Alla Roma ha portato risultati, il bel gioco, quella squadra giocava un grande calcio. Lui sapeva che con me aveva una persona al suo fianco che gli risolveva i problemi. Ricordo quando Menez non voleva giocare e lo convinsi io e quando convinsi anche Pizarro. Ea rimasto a casa perché nella partita precedente era stato sostituito. Presi la macchina e andai a casa sua. Se non avessi avuto il rapporto che avevo neanche mi avrebbe aperto la porta. Riuscii a portarlo a Trigoria".

Maradona ti voleva al Napoli.
"Ogni volta che giocavamo contro negli spogliatoi prima di scendere in campo mi sussurrava nell'orecchio di andare da lui. El Pibe mi invitò al suo matrimonio in Argentina, eravamo come fratelli, ma non potevo lasciare la Roma".

Il calcio come riscatto sociale.
"Mio padre si spaccava la schiena al lavoro per farci mangiare. Eravamo sette fratelli, siamo cresciuti in mezzo alla strada. A mio padre all'inizio non gliene fregava niente del calcio, era mia madre che insisteva per darmi questa opportunità. Quando mio padre tornava a casa la sera mi diceva: "Ma vai a lavorare, il pallone mica ti dà da mangiare". All'inizio è stata dura, le bocciature, anche con l'Anzio non andò bene. Quando mi prese la Roma, erano tutti felici, quando ho esordito in Serie A a mio padre gli ho dato la gioia più bella, non potrò mai dimenticarlo".

Cosa chiedi alla vita dopo i settanta anni?
"I tempi sono cambiati, mi auguro ci sia più rispetto, il calcio deve ritrovare serenità. Anche nei campionati dei bambini si pensa solo al risultato. Oggi si vuole tutto e subito. Mi auguro che si possa cambiare, che i ragazzi possano coltivare il loro sogno divertendosi, senza mollare mai. Io ho affrontato i problemi veri, ho imparato che dalla vita bisogna prendere quello che viene".