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IL ROMANISTA (T. CAGNUCCI) - La semantica l’aveva introdotta il giorno prima Svilar quando in conferenza aveva detto – in fiammingo stretto – che lui in campo “sbrocca”, il giorno dopo Ranieri da Sir (più che dell’impero britannico, di quello romano) lo ha letteralmente messo in pratica nel post partita: dallo splendido “non salutatelo” urlato ai suoi giocatori con riferimento all’arbitro, alle parole su chi quell’arbitro lo aveva mandato. (...) Ha fatto bene. Non una, nemmeno due, ma almeno tre volte. La prima perché aveva ragione (...) La seconda perché se uno ha subito un trattamento sbagliato che va ad offendere non solo lui stesso, non solo la squadra, ma tutti i tifosi della Roma. (...) La terza ragione è infatti la più importante, ed è proprio “quella cosa”: è che Ranieri ha citato Budapest, ha citato quella notte, Taylor e quella coppa proprio nella sera in cui la Roma ha giocato la sua più bella partita della stagione come sentisse che questa coppa è “quella” coppa, come se la Roma avesse insieme un dovere e una missione (di ricordare e cercare di vincerla). (...) Non è reato difendere la Roma. Come quando Mancini si è avvicinato all’arbitro e gli ha indicato lo stemma che portiamo sul petto e ha ricordato proprio Mou quando il suo primo giorno a Trigoria indicò sulla sciarpa il nostro simbolo: gli imbecilli continuano a guardare il dito, i romanisti la Lupa.